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Australia: uccide l’ex incinta. Condannato a due ergastoli

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Dopo tre anni dal brutale omicidio di Fabiana Palhares e del figlio la condanna per il suo aguzzino. L'ex che la massacrò a colpi d'ascia.

Un brutale caso di femminicidio da oltreoceano torna a far discutere. Con la sentenza della Corte Suprema si chiude il caso dell’omicidio di Fabiana Palhares, una giovane donna incinta massacrata a colpi d’ascia dal fidanzato nel febbraio 2015. L’assassino, il trentottene Brock Wall, è stato condannato a due ergastoli ma, a distanza di tre anni, il suo crimine, un atto di violenza inaudita, continua a non avere una spiegazione.

Brutalmente assassinata

Il Daily Mail ha riportato la notizia che tutti familiari e amici della vittima stavano aspettando da quel fatidico febbraio 2015. Quando a Varsity Lakes, sulla Gold Coast australiana, la giovane 34enne Fabiana Palhares è stata massacrata, insieme al bambino che portava in grembo, a colpi d’ascia dal compagno. A distanza di tre anni pare che giustizia, se così si può dire, sia stata fatta. La Corte Suprema di Brisbane ha condannato l’assassino della giovane Fabiana a due ergastoli. Di questa condanna Wall, in carcere dal 2015, ha già scontato quasi 4 anni. Gliene restano altri 16 prima di poter richiedere la libertà vigilata. L’assassino si era dichiarato colpevole pochi giorni prima di essere processato e si è mostrato pentito per il suo gesto.

Un mostro

Eppure Brock aveva da sempre lasciato intravedere il suo lato oscuro. Fin dal principio, i due si erano conosciuti appena qualche mese prima dei fatti, nell’ottobre 2014, l’uomo aveva manifestato atteggiamenti violenti e minatori nei confronti della fidanzata. Come quella volta che, già scoperta la gravidanza, era stato accusato di assalto a donna incinta. Fabiana quell’uomo violento non lo voleva accanto a sé e al piccolo che portava in grembo, aveva dunque richiesto e ottenuto un ordine restrittivo per violenza domestica. Un rifiuto che Wall non avrebbe mai accettato. Ossessionato dalla gelosia l’uomo aveva violato ripetutamente gli ordini restrittivi nei suoi confronti. Era arrivato ad accusare Fabiana di tradimento, fino a mettere in dubbio la paternità del piccolo, chiedendo alla ragazza di abortire.

La gelosia, un finto alibi

La gelosia patologica, il desiderio di possesso assoluto è spesso l’alibi dietro alla violenza di genere. Ma non ci si appelli alla favola dell’omicidio passionale. Nell’atto di violenza non c’è amore, in quello che è successo alla povera Fabiana non c’è passione, ma solo una violenza disumana, estrema, giustificata agli occhi del suo carnefice dalla sua natura di donna e, in quanto tale, oggetto di possesso.

La vittima chiese un ordine restrittivo

Fabiana ha incontrato la morte una notte di febbraio. Quando l’ex compagno, violata per l’ennesima volta l’ordinanza restrittiva, le piombò in casa e decise coscientemente di strapparle la vita. Difficile credere alle contrite dichiarazioni di pentimento di Wall. Lui, che l’omicidio lo premeditò, confessando ai colleghi le sue intenzioni: “potrei darle per primo un pugno nel fegato” erano state le sue parole.

A tre anni dall’omicidio la condanna

Cinque giorni dopo quella confessione Brock ha mantenuto la promessa. Ha raggiunto la donna nel suo appartamento e l’ha aggredita a mani nude, picchiandola fino allo svenimento. Colpendola così forte allo stomaco da provocarle dei lividi delle stesse dimensioni delle suole delle scarpe che indossava. Finendola poi a colpi d’ascia, che le fratturarono viso e cranio. Ma Fabiana era forte, dopo l’aggressione era riuscita a chiamare i soccorsi per poi morire a causa delle gravi ferite in ospedale.

Il suo aguzzino invece fu arrestato a pochi isolati dall’appartamento di lei, completamente ricoperto di sangue. Poi arrestato e accusato di omicidio. Lunedì 6 agosto 2018 la sentenza ma, siamo sicuri, non sarà mai sufficiente a ripagare il prezzo di una vita strappata in un modo così ingiusto.