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Biennale Danza, Metamorphosis Dance: il processo come spettacolo

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Venezia, 27 lug. (askanews) - Il luogo è conosciuto, l'Arsenale, e la luce del tramonto di Venezia dopo il temporale è particolarmente calda. Ci si mette in fila per entrare nel Teatro alle Tese e allora tutto comincia a cambiare. Già vedere la tribuna che si popola sembra qualcosa di diverso e...

Venezia, 27 lug. (askanews) – Il luogo è conosciuto, l’Arsenale, e la luce del tramonto di Venezia dopo il temporale è particolarmente calda. Ci si mette in fila per entrare nel Teatro alle Tese e allora tutto comincia a cambiare. Già vedere la tribuna che si popola sembra qualcosa di diverso e ritrovato. Ma il meglio deve ancora venire. Benvenuti alla Biennale Danza.

Sul palco Iratxe Ansa e Igor Bachovich, fondatori di Metamorphosis Dance, che in “Al Desnudo” lavorano su più livelli: da quello diretto della danza al ragionamento, fisico e spettacolare, sulla danza stessa, su loro stessi come corpi d’artista.

“Nello spettacolo – ha spiegato Iratxe Ansa ad askanews – ci sono due parti, la prima parte è un passo a due su musica di Philip Glass che si presenta in modo molto classico, la relazione tra un uomo e una donna. Poi però c’è un cambiamento radicale ed entriamo in un laboratorio, che è quello che a noi interessa di più perché è quello dove si costruisce quello che avete visto prima. E’ il racconto del nostro processo”.

Il processo, per l’appunto. Una serie di movimenti che cambiano le carte in tavola e creano, attraverso il ricorso sul palco alle luci di lavoro, per esempio, la sensazione di uno specchio convesso che genera auto riflessione, nella mente stessa, non solo dei ballerini, ma anche proprio dell’idea di danza. E qui si genera una vertigine di grande fascino intellettuale, ma per Igor Bacovich, prima viene il corpo.

“Attraverso la fisicità portata all’estremo, al limite – ci ha spiegato – pensiamo che sono in quel momento possiamo realmente parlare di elevare il nostro spirito e i nostri pensieri, perché fino a quel momento non siamo realmente nel tunnel della creatività, non siamo dove dobbiamo stare. E il nostro metodo deve realmente portarci lì”.

Istruzioni, esercizi, i livelli della costruzione coreografica diventano parte della coreografia stessa. Alla ricerca di un “grado zero” della danza che fa pensare a Roland Barthes, ma in chiave orientata alla contemporaneità, anche attraverso il ricorso all’immagine video: una sorta di spettacolo nello spettacolo, di play within the play, che gioca con l’ossessione visuale del nostro presente, svelandola.

E a emergere, alla fine, è il “metodo Metamorphosis”, che diventa in un certo senso un unicum spaziale e temporale, nel quale si sublima l’idea di danza e di presenza. “Si cerca in qualche maniera di continuare fino a quando un po’ ti scordi chi sei – ha concluso Bocovich -. Ma in quel momento sei tu davvero”.

Trovare noi stessi attraverso una sorta di danza pura, al termine di uno spettacolo circolare e avvolgente che a suo modo continua anche dopo la chiusura del sipario: a questo, se si è fortunati, si arriva. E la Biennale Danza rimane un’esperienza che si attacca al corpo dello spettatore e lo accompagna ancora, verso la Laguna e il mondo fuori di noi.

(Leonardo Merlini)