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Blue Whale, un camper della polizia per contrastare il fenomeno

Blue Whale

Il progetto 'Blue Box' parte da Genova con un camper di ascolto attivo per contrastare il fenomeno 'Blue Whale e ogni espressione del disagio giovanile

Sarà presente oggi in piazza Terralba, a San Fruttuoso un camper della polizia impegnato nel progetto ‘Blue Box’. Il progetto è nato per offrire ascolto attivo al disagio giovanile, in special modo a quei fenomeni di emulazione – l’effetto Werther che ha scatenato il “gioco” online ‘Blue Whale’ dopo il servizio de ‘Le Iene’ -, che conducono i giovanissimi a seguire 50 regole, che possono sfociare in atti masochistici-autolesionismo fino all’ultima tappa che è il suicidio.

Il progetto

Al mercato di Terralba, vi sarà una postazione mobile della Polizia di Stato, su cui sarà presente una equipe multidisciplinare composta dal personale delle sezioni specializzate della Questura e della Polizia delle Comunicazioni, con la collaborazione della Direzione Politiche Sociali del Comune di Genova e dei centri contro la violenza del genere e il disagio giovanile.
Per i prossimi due mesi a venire, il camper della Polizia di Stato stazionerà presso alcuni mercati rionali ed istituti scolastici secondari, di primo e secondo grado, con l’obiettivo sia informativo sia di mettere in luce la dinamica reale dei fenomeni, potenziando così un clima di fiducia con le potenziali vittime, a cui viene offerto il supporto di un team specializzato.
Le date del camper a Genova: oggi al mercato di Terralba; giovedì 12 ottobre all’Istituto Suore dell’Immacolata di Piazza Paolo da Novi; mercoledì 18 ottobre al mercato di Sestri Ponente; mercoledì 8 novembre presso il mercato di Albaro; giovedì 9 novembre presso la scuola secondaria Barrili- Paganini; sabato 25 novembre al mercato di via Tortosa, con una tappa conclusiva in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Blue Whale

Il fenomeno Blue Whale ha origine in Russia. Si tratta di un diktat virtuale di un curatore nonché “coach della morte”. Si arriva al curatore attraverso un passaparola tra ragazzi con codici segreti. Il ragazzo/a è mosso da un burattinaio senza un nome reale, mettendosi in sfida. Chi accetta ha il dovere di portare avanti il compimento di cinquanta regole. 50 giorni, dunque, che prevedono lo svolgimento di diverse prove – si inizia dallo svegliarsi alle 4:20 del mattino, al guardare film dell’orrore per tutto il giorno, per poi incidersi sul corpo con un coltello il simbolo rappresentativo di una balenottera azzurra; proprio come le balene che perdono la rotta e muoiono alla deriva. L’ultima tappa consiste nellindividuare l’edificio più alto e saltare.

La cosa effettivamente oramai comprovata è correlata al video de Le Iene di allora, ove veniva descritto tutto l’iter del fenomeno con testimonianze di madri che hanno perso il loro figlio a causa della Blue Whale. Pare difatti che il video in questione sia stato montato ad arte. E non sia poi così veritiero. Ossia, a mettere in dubbio la veridicità di quanto affermato dalla trasmissione Mediaset erano stati in molti canali mediatici. Così, i video utilizzati nel servizio de Le Iene non erano realmente collegati al Blue Whale Challenge e, alcuni di questi, risalenti addirittura al 2010. Periodo in cui non si parlava del presunto fenomeno. Ma non basta, dopo un mese fu lo stesso Matteo Viviani – La Iena stessa che ha svolto il servizio -, in un’intervista al Fatto Quotidiano ad ammettere: “Abbiamo commesso una leggerezza nel non aver svolto tutte le verifiche”. Una grande responsabilità quella che Viviani si è addossato perché dopo il video, i casi di emulazione sono stati molteplici. Con un “effetto Werther” decisamente troppo evidente.

L’ultimo caso riguarda la Liguria, con la cronaca di pochi giorni fa in cui uno studente di 16 anni si è lanciato dalla finestra del secondo piano della scuola di Ventimiglia senza però per questo perdere la vita. E spiegando il motivo del gesto con queste parole: “L’ho fatto per avere un attimo di gloria”.