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Brexit: cosa significa

Brexit

Alla scoperta del fenomeno Brexit: cosa significa e quali sono le conseguenze. Una delle prime frasi pronunciate in pubblico da Theresa May, dopo il suo insediamento - avvenuto il 13 luglio 2016 - come Primo Ministro del Regno Unito, fu "Brexit means Brexit", Brexit significa Brexit. Tradotto: non ...

Alla scoperta del fenomeno Brexit: cosa significa e quali sono le conseguenze.

Una delle prime frasi pronunciate in pubblico da Theresa May, dopo il suo insediamento – avvenuto il 13 luglio 2016 – come Primo Ministro del Regno Unito, fu “Brexit means Brexit”, Brexit significa Brexit. Tradotto: non si torna indietro rispetto al voto popolare, espresso tramite referendum dal popolo britannico in data 23 giugno 2016. La Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea, secondo i tempi e le procedure previsti dallo statuto dell’Unione medesima. Uno stato fondatore – ma mai realmente convinto o coinvolto, prova ne sia la non adozione della moneta unica – si sgancia, forse definitivamente, dal carro dell’Europa Unita, gettando una luce sinistra sulla stessa e dando maggiore forza alla voce dei movimenti euroscettici che, da Marine Le Pen in Francia all’asse trasversale Matteo SalviniBeppe Grillo in Italia, passando per Olanda, Ungheria, Austria e altri paesi dell’Unione, fa sempre più proseliti.
La Brexit è stata indotta dal precedente primo ministro David Cameron, aperto sostenitore dell’opzione remain. Come avverrà pochi mesi dopo a Matteo Renzi per il referendum costituzionale, la pressione antigovernativa e i movimenti populisti sono stati fatali per il premier britannico, che ha visto prevalere il leave, contrariamente alle sue previsioni. E come avvenuto negli Stati Uniti in occasione del trionfo di Donald Trump nei confronti di Hillary Clinton, a fare la differenza sono state le cosiddette fasce deboli, le sacche di popolazione ferite dalla recessione e ignorate dai cosiddetti “poteri forti” (almeno questa è la tesi dei sostenitori del leave). Un movimento “dal basso” che ha colto di sorpresa un’intera ala politica, ma anche molti commentatori e analisti politici. Tra le singole nazioni appartenenti al Regno, in Scozia e Irlanda del Nord ha prevalso il remain, mentre in Inghilterra e Galles ha vinto il leave. Significativa la posizione di Gibilterra, amministrativamente annessa all’Inghilterra, che però ha votato per la permanenza nella UE. Allo stesso modo, la città di Londra ha visto prevalere il voto filo-europeista, che però è risultato sconfitto a livello nazionale.
Rimangono ancora in parte nebulose le modalità dello sganciamento del Regno Unito dall’Unione Europea. Se da un lato, infatti, sia la commissione europea che il governo britannico hanno garantito una perfetta adesione alle regole e ai tempi di uscita, non sono ancora stati compiuti passi significativi. Per molti analisti, il 2017 sarà decisivo. Per altri, il pericolo maggiore risiede nel progressivo trasformarsi della Gran Bretagna in una sorta di interlocutore privilegiato – anche dal punto di vista fiscale – di Stati Uniti, Medio Oriente e paesi asiatici, a tutto discapito dell’UE.