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Caccia alle streghe, nuovo processo in Trentino

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Si riaprono i processi alle streghe, ma, questa volta, con un intento ben diverso rispetto a quello del passato. Se un tempo (fra il XV e il XVIII secolo) la caccia alle streghe è stata un modo per punire sostanziali diversità o il pretesto per togliere di mezzo persone scomode o, forse, solo ant...

Si riaprono i processi alle streghe, ma, questa volta, con un intento ben diverso rispetto a quello del passato.

Se un tempo (fra il XV e il XVIII secolo) la caccia alle streghe è stata un modo per punire sostanziali diversità o il pretesto per togliere di mezzo persone scomode o, forse, solo antipatiche, oggi non si parla più di vera e propria caccia a tutte le streghe, ma di una soltanto.

Il consiglio comunale di Brentonico, provincia di Trento, su proposta dell’assessore alla Cultura Quinto Canali, ha infatti deliberato di chiedere al Tribunale d’Appello di Trento la riapertura di un caso del 1716 relativo a tale Maria Bertoletti Toldini, protagonista a suo tempo di un processo al termine della quale fu giustiziata come strega.

Maria Bertoletti Toldini era una donna di 60 anni, vedova e risposata, senza figli, che forse ebbe alcuni diverbi con dei parenti per questioni di eredità (faccenda per nulla nuova e ancor meno superata) e, forse proprio per questo, fu accusata di stregoneria, uccisione di bambini, eresia e blasfemia. Un pacchetto standard dell’epoca, in realtà, più che reati frutto di circostanziate accuse o prove, comunque più che sufficiente per condurla al rogo sulla piazza di Brentonico, previa antecedente decapitazione.

Ora il comune di Brentonico ha deciso di chiedere la riapertura del processo per riabilitare il nome di Maria Bertoletti Toldini, un gesto simbolico che, secondo l’assessore Canali, mira a restituire giustizia a tutte le donne rimaste in passato vittime della caccia alle streghe, un fenomeno al quale molti storici attribuiscono la morte di almeno 50 mila innocenti.

Immancabili, però, ci sono anche i pareri negativi, in base ai quali la riapertura del processo sarebbe soltanto una perdita di tempo o, peggio, un mezzo per raggiungere un po’ di notorietà, merce preziosissima, di questi tempi. Certo, non c’è bisogno di ricordare le disastrate condizioni in cui opera il sistema giudiziario italiano per immaginare che un ulteriore carico non è di sicuro gradito, ma, forse proprio per questo, si potrebbe dire che un procedimento in più non cambierebbe nulla.