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Cadavere murato sotto al pavimento: la verità dopo sei anni

Cadavere murato sotto il pavimento

Due fratelli scomparsi e uccisi. Uno spietato regolamento di conti della 'ndrangheta. Dopo 6 anni l'assassino ha confessato

Una storia macabra e raccapricciante, una trama alla Dario Argento, tra spietatezza e fredda crudeltà. I fatti si sono verificati tra il Milanese e il Comasco, in quella terra dove a comandare è la ‘ndrangheta. Tre casi di lupara bianca accaduti in quello spicchio di Calabria radicato al Nord. Le vittime uccise e sepolte, con freddezza e indifferenza, senza pietà né titubanze. Quando i conti non tornano, qualcuno deve farli tornare.

Un killer spietato

Uno spietato regolamento di conti della ‘ndrangheta. Dopo 6 anni il killer ha confessato. Tra le mani il sangue della sua preda, nella testa le immagini vive di quei momenti strazianti.

Antonio Deiana era scomparso da Villa Guardia, in provincia di Como, nel luglio di sei anni fa. Era il fratello di Salvatore, 39 anni, sparito tre anni prima. Il suo corpo venne trovato solo nel febbraio 2015 a Oltrona San Mamete, un paese vicino e familiare agli abitanti della zona o agli assidui frequentato dell’incantevole lago. Ucciso a coltellate da uomini legati alla ’ndrangheta e sepolto in un bosco. Gli assassini erano legati alle cosche vicine al boss Luciano Nocera. Erano anche gli assassini di Ernesto Albanese, freddato nella vicina Guanzate nel giugno 2014 e sepolto nel cortile di una villetta. Poche ore dopo, in quello stesso punto, i killer ritrovarono a tavola per la mangiata con le mani ancora sporche di sangue. Festeggiarono con una succulenta grigliata.

A quest’appello di morte mancava ancora il corpo di Antonio Deiana. Da anni misteriosamente sparito nel nulla, il suo nome non compariva neppure nell’elenco sanguinario delle vittime della ‘ndrangheta. La sua ultima traccia risaliva al 20 luglio del 2012, quando uscì dalla sua casa di Villa Guardia in sella a una Kawasaki 750 targata DA24350. Gli appelli della sorella Antonella erano caduti nel vuoto. Ci aveva provato anche la trasmissione “Chi l’ha visto?”. Il 36enne, pregiudicato per i vecchi precedenti per droga, sembrava scomparso nel vuoto. Ora la svolta. Si conclude lo spaventoso capitolo di una storia di sangue e atrocità meschine e infime.

Cadavere murato sotto il pavimento

Il ritrovamento del corpo

Il cadavere di Antonio è stato trovato giovedì 19 luglio in uno scantinato di una palazzina di via Lanfranco della Pila, 12 a Cinisello. Il suo corpo è rinvenuto a distanza di ben sei anni e a 35 chilometri dal luogo della scomparsa.

Cadavere murato sotto il pavimento

A connotare la vicenda di contorni ancor più macabri è il fatto che il corpo di Antonio sia stato nascosto sotto al pavimento, coperto da una colata di cemento. Lì è rimasto murato per sei anni. Senza che gli abitanti del palazzo sapessero nulla, senza che chi calpestava quel pavimento conoscesse il mistero. Tutti tranne uno: l’assassino.

L’arresto

La polizia ha arrestato uno degli abitanti del palazzo in cui è rinvenuto il cadavere di Antonio. Su di lui grava l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere. Attualmente è rinchiuso nel carcere di Monza. Si tratta del 37enne Luca Sanfilippo. L’uomo vive all’ultimo piano della palazzina di via Della Pila, insieme al fratello e alla madre. Ha confessato e permesso agli inquirenti di trovare il cadavere.

Cadavere murato sotto il pavimento

Il pool di anatomopatologi al servizio di Cristina Cattaneo sta ancora lavorando al complesso recupero dei resti. Si scava nel cemento per riportare alla luce le ossa bruciate dalla calce. Nei resti in via di decomposizione dovrà essere effettuato un test del Dna. Analisi e autopsie potranno contribuire alla ricostruzione della terribile dinamica.

Sanifilippo è originario, come la sua famiglia di Mazzarino, della provincia di Caltanissetta. E’ l’ultimo di quattro figli. Agli investigatori ha ammesso di aver ucciso Deiana a coltellate. Stando a quando raccontato dal killer, il trentaseienne avrebbe avuto appuntamento nello scantinato con un’altra persona per smercio e compravendita di cocaina. Ma mentre aspettavano, tra lui e Sanfilippo è nata una discussione. Gli animi accessi avrebbero spinto Sanfilippo a commettere il folle gesto. La lite, evidentemente, è culminata con il delitto. Fatto il danno, ha deciso di far sparire il cadavere sotto al cemento. Prima però il corpo è stato spogliato dei vestiti. Gli indumenti sarebbero stati affidati a un “balordo”, affinché li bruciasse altrove. E’ proprio quest’ultimo elemento la chiave del giallo. Un indizio chiave che dopo sei anni ha portato alla risoluzione del caso.

La chiave del giallo

Due mesi fa un altro “balordo” ha confidato a un ispettore del commissariato Greco-Turro di aver aiutato un uomo, diversi anni prima, a bruciare i vestiti di una vittima di omicidio. L’indagine è arrivata poi agli investigatori della Omicidi della squadra Mobile, diretti da Lorenzo Bucossi. Così, gli uomini di Bucossi hanno avviato le verifiche in concomitanza e in collaborazione con i colleghi della Mobile di Como. Dal 2012 non avevano mai smesso di indagare, coordinati dal procuratore Nicola Piacente.

Una parte dello stabile era sotto sequestro per un fallimento. Così le microspie in casa di Sanfilippo hanno svelato il resto. Giovedì 19 luglio la svolta con le perquisizioni ordinate dai pm di Monza e la confessione del killer.