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Campomaggiore Vecchia, città fantasma in Basilicata

Campomaggiore

Campomaggiore Vecchia, in Provincia di Potenza, Basilicata, un tempo era un luogo in cui si viveva talmente bene, da essere chiamata la"Città dell'Utopia". Questo almeno fino al 1885, quando vi fu una frana di imponenti proporzioni che spinse la popolazione ad abbandonare il paese, facendolo ann...

Campomaggiore Vecchia, in Provincia di Potenza, Basilicata, un tempo era un luogo in cui si viveva talmente bene, da essere chiamata la”Città dell’Utopia”. Questo almeno fino al 1885, quando vi fu una frana di imponenti proporzioni che spinse la popolazione ad abbandonare il paese, facendolo annoverate tra le “città fantasma”.

La storia

Campomaggiore venne fondata dai Romani nel 1150 su un preesistente accampamento militare, di cui ancora oggi rimangono delle testimonianze archeologiche. Lo chiamarono Campus Maiorem, o in riferimento al fatto che fosse il più grande (maiorem) campo (campus) militare della zona o al fatto che nei dintorni ci fosse un grande campo di grano – uno dei pochi terreni coltivati nella zona -. Attorno all’anno Mille, questo luogo venne invaso dagli Arabi, che vennero poi cacciati dai Bizantini, i quali a loro volta vennero soppiantati dai Normanni, che vi rimasero per lungo tempo e portarono gli abitanti ad aderire ad una lotta ghibellina – a favore dell’Imperatore – nel 1268. Successivamente arrivarono gli Angioini, che però la rasero al suolo e ne fecero giustiziare gli abitanti. In seguito a ciò, Campomaggiore divenne un feudo povero, governato dalle famiglie Beaumont prima e Tournespèe poi, e con non più di un centinaio di abitanti.

Nel 1673 venne affidato alla famiglia Rendina da Re Filippo IV, che nominò conte Gerardo Antonio Rendina, in campo del ripopolamento del feudo stesso. Così fece in particolare Teodoro Rendina, che fece sfruttare il paese a livello agricolo. La sua nuova costruzione, operata proprio dai Rendina con altre 16 famiglie, risale alla fine Settecento – con un impegno siglato il 20 novembre del 1741 – e venne ideata dall’architetto Giovanni Patturelli, allievo del pittore e architetto napoletano di origine olandese Luigi Vanvitelli. Tutto ciò fu possibile perché i Rendina emanarono un editto promettendo un alloggio ed un terreno a chiunque si fosse trasferito lì dai luoghi circostanti. Un censimento del 1833 stabiliva che in quell’anno vi risiedevano 1500 persone; Campomaggiore era dotata di una stazione ferroviaria, un cimitero e una grande fontana come lavatoio, diversi frantoi, e un comando delle forze armate: era all’avanguardia per quei tempi.

Fine di Campomaggiore Vecchia tra storia e leggenda

Questo avvenne fino alla frana del 2 febbraio 1885, della quale, leggenda vuole, fossero stati avvisati in anticipo due contadini dalla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, protettrice di Campomaggiore. I due uomini, che erano a dorso di mulo, stavano per attraversare un ponte che crollò davanti ai loro occhi. Avvertirono gli altri abitanti del paese, che non poterono far altro che assistere impotenti alla sua distruzione e alla fine dell’utopia. Da allora questo luogo fu abbandonato.

Campomaggiore venne ricostruita circa 400 m più in alto, a 4 km delle rovine di quella “vecchia”, e con la stessa pianta a scacchiera. Gli attuali abitanti – 819 nel novembre del 2014 – sono ancora dediti alla coltivazione degli ulivi e alla produzione di vini.

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