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Carnevale nel Salento

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Il carnevale che viviamo oggi, è giunto fino a noi per una contraffazione dei cerimoniali (o delle feste) che si rifaceva ai Saturnali, modificati nel Medio Evo con le feste degli innocenti o della festa dell’asino.  Le feste si svolgevano dal 28 dicembre fino all’Epifania all’interno delle ...

Il carnevale che viviamo oggi, è giunto fino a noi per una contraffazione dei cerimoniali (o delle feste) che si rifaceva ai Saturnali, modificati nel Medio Evo con le feste degli innocenti o della festa dell’asino. Le feste si svolgevano dal 28 dicembre fino all’Epifania all’interno delle chiese dove, oltre al popolo festoso, partecipavano chierici e sacerdoti mascherati nelle fogge più strane assumendo atteggiamenti anche scurrili e licenziosi. Carnevale

Gli stessi carri allegorici che contraddistinguono le odierne sfilate carnevalesche ricordano quelle dei carri che nei circhi della Roma imperiale simboleggiavano il passaggio dall’inverno alla primavera, propiziandone la fertilità. Alcuni personaggi in particolare colpiscono l’immaginario collettivo come Lu Tituru [Teodoro], oppure Lu Paulino [Paolo] . Lu Tituru (Teodoro) nel carnevale gallipolino e lu Paulinu (Paolo) in quello leccese rappresentano il simbolo della tradizione locale legata al carnevale. A Lecce, nei rioni popolari, le feste di carnevale culminano nell’ultimo giorno con la morte dellu Paulinu, un fantoccio di stracci o di paglia disteso su di un carretto. Festoni di carta colorata e tralci di edera abbelliscono lo strano veicolo tirato da un paziente somarello, mentre due o tre uomini tinti di fuliggine sul volto, a mo’ di prefiche, ne annunciano la morte, gridando:

E’ muerto lu Paulinu, lu Paulinu miu. E’ morto Paolino, il mio Paolino.

Dal giorno delle Ceneri, comincia il periodo di Quaresima (da “Quadragesimus”, quarantesimo).

E’ scurutu lu carniale
cu ppurpette e mmaccaruni,
mò ne tocca ll’acqua e ssale
e quattru cinque pampasciuni.

Traduzione
E’ finito carnevale
con polpette e maccheronì,
or ci tocca acqua e sale
con quattro o cìnque lampascíoni

Nina Sconza e lu PaulinuDopo le baldorie carnevalesche, e` consuetudine recarsi in chiesa per ricevere sul capo la cenere benedetta, simbolo di penitenza, ottenuta dalla combustione delle palme benedette l’anno precedente. Qui inizia un altro periodo che nel nostro Salento ha come protagonista La Quaremma [quaresima] . Nella tradizione popolare è rappresentata da una vecchietta con la conocchia in mano ed un’ arancia amara, con sette penne infilzate. Questo fantoccio viene appeso al camino all’inizio della quaresima ed ogni settimana si sfila una penna dall’arancia. L’ultima penna viene sfilata a Pasqua, giorno in cui si butta nel fuoco la quaremma. In alcuni paesi del Salento ancora oggi, si espone ai crocicchi quale monito di penitenza. In alcuni paesi del Salento ancora oggi, si espone ai crocicchi quale monito di penitenza. Arrivata Pasqua la quaremma si distrugge. Si cosparge di liquido infiammabile, le si mette na battaria nculu (una serie di petardi nel didietro), e si incendia saltando in aria disintegrandosi, tra l’allegria di tutti.
Raimondo Rodia