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I Casa Caos sembrano usciti da una poesia di P.Salinas

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Lui sembra uscito da Zabriskie Point di Antonioni: ha un cuore d’annata dei moti sessantottini, la sua sensibilità odora di vaniglia, ha tanti contrasti sopravvissuti alla vita da poter tener testa alle nuvole, sul comodino ha Jim Morrison e quando scrive va nel suo rifugio preferito, un territor...

Lui sembra uscito da Zabriskie Point di Antonioni: ha un cuore d’annata dei moti sessantottini, la sua sensibilità odora di vaniglia, ha tanti contrasti sopravvissuti alla vita da poter tener testa alle nuvole, sul comodino ha Jim Morrison e quando scrive va nel suo rifugio preferito, un territorio dove si sente al sicuro di cui rivela “Il mio rifugio è il mondo che mi porto dentro e ci galleggio”. L’altro sembra uscito da una canzone di De Andrè: dove finiscono le sue dita nascono i fior, sta alla musica come Mogol sta a Battisti, non ha tempo per non sprecare tempo, ferma le nuvole con una coperta colorata o ce le avvolge con lui dentro, ma quando abbraccia la chitarra si dimentica quello che stava dicendo perché per lui la musica rappresenta “un modo per esprimermi senza parlare”. Lui si chiama Gianni, l’altro si chiama Renato. O se preferite, lui si chiama Renato, l’altro si chiama Gianni.

Sì, perché dire Casa Caos, vuol dire pronunciare un posto dove non c’è spazio per l’individualità, ma dove ognuno si scambia le anime, le mette sul tavolo e ci fa una briscola con del vino rosso. Casa Caos è una tavolozza di emozioni, non ha nessuna cornice e ha centomila ventricoli. Casa Caos è un progetto che non è nato per essere raccontato come progetto. Vive in nome della spontaneità, il più puro dei contenitori.

Ma a volerci provare… È come prendere un po’ di sintassi metaforica di un Max Collini (Offlaga Disco Pax/Spartiti), farla uscire da Reggio Emilia e darle origini Pugliesi ma che vivono a Torino. Scrollata la patina austera e inserito il sangue che pulsa dentro a un paio di vite in movimento, lo stile è quello di uno spoken word con filo bucolico diretto dal cuore che va su un tappeto di note a volte pizzicato, a volte su un urbano meriggiare post rock, a volte su nulla. Perché Gianni e Renato adorano celebrare il nulla, le piccole cose, l’improvvisazione. E nelle loro performance si ride, perché loro per primi si riconoscono (anche) nei linguaggi potabili, semplici, quelli che a volte si dimenticano in nome di sovrastrutture. I testi letti da Gianni sono principalmente tratti dal suo libro “La gente non capisce un pazzo” e l’accompagnamento musicale di Renato spesso sembra dare un suono agli occhi del pubblico. Una cosa è certa: queste due anime se la bevono tutta d’un fiato, la vita, non perdono tempo a sembrare ma sono.

Domanda: Alcune canzoni se chiudi gli occhi diventano persone. Per voi diventano…?

Renato: Alcool che fa girare la testa o pettine per le vene (dipende dall’umore)
Gianni: Momenti vissuti, attimi e ricordi.

D: Caos dentro e ordine fuori, ordine dentro e caos fuori o caos ovunque?

R: Ordine dentro e caos fuori che fanno a cazzotti
G: Caos ovunque e sempre… Ma riesco a trovarci il mio ordine

D: Ipotizzando un festival delle onomatopeiche, Casa Caos risponde…

G: Smack – Boom (ho chiesto a Renato cosa fosse un’onomatopeica)
R: È lui la parte narrante e che scrive. Ho detto tutto! Intanto Battisti di fondo canta “Prendila così…”

[Entrambi ridono, n.d.r.]

D: Il vostro cavallo di battaglia?

R: Difficile scegliere tra le proprie bestioline… Ma indubbiamente Dos Almas è il nostro cavallo di battaglia… Nata in una maniera naturale, assurda e secondo noi perfetta così! Ma vogliamo bene anche ad altri pezzi…
G: Per emozioni e per quanto ci teniamo Dos Almas… Per sonorità e ritmo Stazione Ferroviaria, in ogni caso mi piacciono tutte in maniera diversa…

D: Casa Caos, (ri)tentiamo dell’ordine…

R & G: Il nome è nato alla fine del 2014 quando vivevamo insieme in un appartamento che era davvero un caos… E da lì gli abbiamo dato quel nome! Casa Caos è nata nel momento in cui due necessità di esprimersi sono scoppiate incontrandosi. Gianni ha iniziato a scrivere, mentre per me la chitarra ha sempre rappresentato lo strumento (non inteso in senso musicale) per dire quello che volevo. Come poi ci siamo incontrati… Non c’è nulla di diverso dall’incontro di una coppia che si scruta da lontano giocando a capire quante cose in comune ci sono per dar dita ad un’emozionante storia d’amore e quanto le diversità potevano essere complementarietà. A noi piace fare le cose che proponiamo per emozionarci, per raccontare le nostre emozioni, ma non necessariamente emozionare… Ci basta che la gente si lasci colpire da quello che facciamo.

D: …Come non detto, incasinateci! Chi, come, dove, quando, perché?

R & G: Ci piace pensarci come due ruote che trasportano un carro su cui può salire chiunque abbia voglia di dire, fare e comunicare qualcosa. Non necessariamente musicisti, parolieri o cantanti… Anche fotografi e fotografe, danzatori e danzatrici, pittori e pittrici e chiunque ne abbia voglia! Casa Caos suona principalmente a Torino perché è questa la sua casa. La prossima data sarà al Circolo Arci Sud con Roberto Cavalcante il 27 Aprile. Un’altra data molto importante per noi sarà allo Square Festival del Quadrilatero, un evento molto interessante e significativo indipendentemente dalla nostra presenza. E comunque Casa Caos suona sempre, anche ora sta suonando… Che poi ci sia gente, amici o meno è relativo, citofonare per credere!

D: Chi non mette il like alla pagina facebook di Casa Caos è…?

G: Un Justin Bieber!
R: Una corda vocale di Ligabue!

“Getta via i vestiti, i connotati, i ritratti.
Non ti voglio così, travestito da altro, figlio sempre di qualcosa.
(Oh, cuore qualunque) ti voglio libero, puro, tu”
(Pedro Salinas)

Erika Mennella