> > Caserta: operazione anti pizzo in città. Tre Ucraini arrestati dai Carabinieri

Caserta: operazione anti pizzo in città. Tre Ucraini arrestati dai Carabinieri

Caserta

I tre ucraini chiedevano soldi per "lavorare in maniera tranquilla"

Tre cittadino ucraini sono stati arrestati dai Carabinieri di Marcianise, in provincia di Caserta, per ordine del Gip del Tribunale di Napoli Nord.

La motivazione dell’arresto è la tentata estorsione eseguita ai danni di un ristoratore, peraltro loro connazionale. L’imprenditore coinvolto nella tentata estorsione gestisce un locale a Qualiano, in provincia di Napoli. Uno degli indagati era già stato coinvolto nello scorso mese di novembre in un’altra indagine. Quella volta l’inchiesta riguardava il commercio illecito di sostanze anabolizzanti nelle palestre di Marcianise e di altri comuni vicini.

Secondo la ricostruzione dei fatti, gli arrestati si sarebbero presentati al ristoratore ucraino per chiedergli di mettersi a posto in modo da “lavorare in maniera tranquilla”. I tre malfattori non hanno però fatto in tempo a dire all’imprenditore quale fosse la somma da pagare. Subito sono stati fermati dai Carabinieri e portati in carcere.

Fondamentali sono state le indagini avviate dai carabinieri di Marcianise e della stazione di Gricignano d’Aversa. Le inganni erano coordinate dalla Procura di Napoli Nord. A contribuire all’arresto dei tre malviventi è stata anche la denuncia effettuata dello stesso imprenditore. Il quale ha dato conferma di tutti gli elementi raccolti a carico dei tre indagati.

A Caserta chiedeva il pizzo con il figlio di soli tre anni

Caserta non è nuova a fatti del genere. Addirittura nel gennaio scorso furono arrestate quattro persone accusate di estorsione, tra le quali anche una donna, Maria Buttone. Vittime del clan erano anche in questo caso numerosi imprenditori. Il figlio del boss Salvatore Belforte, come è stato constatato dai Carabinieri, andava a ritirare le somme del pizzo portando con sé suo figlio di soli 3 anni. Dopo essere stata scarcerata e nonostante i domiciliari, Maria Buttone era rientrata immediatamente in azione come reggente, dando ordini al clan tramite il figlio. La donna fu arrestata dai carabinieri di Rimini, gli altri due furono invece indagati a Marcianise dalla Polizia di Stato.