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Caso Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”

Ciro Grillo

Caso Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”. Il procuratore cerca prove della diffusione illecita di scene di sesso

Caso Ciro Grillo, uno degli indagati lo ha spiegato al magistrato: “Quel video l’ho visto con gli amici ma non l’ho mai condiviso”. Chi è il magistrato? E’ il procuratore di Tempio Pausania Gregorio Capasso che sta assemblando il fascicolo contro il figlio di Beppe Grillo, Ciro, contro Vittorio L., Francesco C. ed Edoardo C., cioè esattamente il giovane che ha negato di aver mai diffuso “quel video”. Quale video? E’ quello in cui compare una sequenza di sesso con una 19enne italo norvegese che per la Procura è prova di una violenza di gruppo, per le difese è prova di un rapporto consenziente e per la politica italiana è balocco strategico. Secondo il Corriere della Sera nel fascicolo a carico degli indagati, già orfano di un legale di fiducia, compare il cenno storico per cui essi lo avrebbero visto insieme.

Caso Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”, i particolari

Ci sono anche altri particolari, raccapriccianti come ormai questa brutta storia ci ha abituati. I tre ragazzi ripresi nella sequenza del cellulare asseriscono di aver mostrato il video al quarto di loro la sera stessa dopo il famoso festino nella villa in Costa Smeralda del leader del M5S. Sempre gli atti e solo quelli dell’accusa, in cui la parte lesa mette a verbale il suo calvario, dicono però che proprio in quarto, assente nel video, sarebbe stato il primo a violentare la ragazza. Poi era andato a dormire mentre il terzetto avrebbe a sua volta riservato attenzioni sessuali non richieste alla 19enne.

Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”, il telefonino sequestrato “tardi”

Qui si entra nel vivo: la linea accusatoria sostiene che, dato che il telefonino non è stato sequestrato subito, quelle immagini sono diventate dominio di altre persone a cui gli indagati le avrebbero mostrate., ma è ipotesi deduttiva, non tesi concreta; quella va puntellata con elementi di prova. Lo scopo in punto di procedura è contestare agli indagati (anche) la diffusione illecita di materiale ed immagini o video sessualmente espliciti. E ci sarebbe uno storico che tiene nerbo alle intenzioni dei requirenti. Nelle chat dei ragazzi comparirebbe un messaggio, questo: “Mi giri il video?”.

Caso Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”, la caccia sul web

Ma è tutto lì in realtà, perché il procuratore e la sostituta Bassani assieme al team di Pg impegnato nelle indagini hanno setacciato il web a caccia di spot pubblici di quel video, ma invano. E non solo nel merito di pista morta si tratta, ma anche in appiglio formale. Perché? Perché il reato in questione, inserito nella norma Codice Rosso, è entrato in vigore 23 giorni prima del fatto reato specifico, cioè il 9 agosto 2019, quindi solo se il video fosse stato diffuso dopo quella data sarebbe prova provata di un crimine di cui peraltro non vi è traccia oggettiva.

Ciro Grillo, uno degli indagati: “Video visto con gli amici ma mai condiviso”, ma i genitori della vittima non la pensano così

La chiosa amara è come sempre quella dei genitori della presunta vittima, loro la pensano in tutt’altra maniera, come riporta sempre il Corsera: “Abbiamo appreso che frammenti (frammenti!) di video intimi vengono condivisi tra amici, come se il corpo di nostra figlia fosse un trofeo: qualcosa che ci riporta a un passato barbaro che speravamo sepolto insieme alle clave”.