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Caso Cucchi: trasferito il carabiniere che denunciò colleghi

Stefano Cucchi

"Mi trasferiscono per punizione": così ha raccontato Riccardo Casamassima, il carabiniere la cui testimonianza ha riaperto il caso Cucchi

Riccardo Casamassima, il carabiniere pugliese che con la sua testimonianza ha consentito la riapertura delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi, ha denunciato nella giornata di lunedì 18 giugno 2018 alcune ritorsioni subite. A suo dire sarebbe stato trasferito “per punizione”. E’ lui infatti ad aver accusato alcuni colleghi per la morte del giovane. Stefano è deceduto il 22 ottobre del 2009, mentre era in custodia cautelare nel carcere romano di Regina Coeli.

Trasferito per punizione

A Riccardo Casamassima è stato imposto il trasferimento e il demansionamento. E’ lui ad aver denunciato alcuni colleghi, riaprendo così il caso Cucchi. In un video, il militare ha dichiarato: “E’ inammissibile che in un’istituzione come l’arma dei carabinieri quando denunci qualcosa devi trovarti a subire trasferimenti, punizioni e vessazioni”.

Le testimonianze di Casamassima hanno portato all’incriminazione di cinque uomini dell’Arma. Il suo racconto a favore di Stefano Cucchi, deceduto il 22 ottobre del 2009 mentre era in custodia cautelare nel carcere romano di Regina Coeli, ha permesso la riapertura di un caso tra i più controversi dell’ultimo decennio. Si presume che Stefano sia stato ucciso durante la detenzione. Si tratterebbe di un omicidio di un detenuto, massacrato di botte da uomini dello stato. Quest’ultimi, anziché adempiere alle loro funzioni di tutela e sicurezza all’interno del carcere, avrebbero commesso uno dei reati più atroci e inammissibili.

Il video di Casamassima

L’appuntato Riccardo Casamassima nella serata di lunedì 18 giugno ha registrato un video pubblicato poi sulla sua pagina Facebook. Nel filmato si vede il militare con indosso la divisa dell’Arma. Ha confidato: “Avevo manifestato la mia paura ad andare a testimoniare“. Poi ha spiegato: “Mi avevano detto di stare attento perché dal comando generale c’erano troppe pressioni”. Quindi la rivelazione: “Eccole le pressioni: un altro trasferimento. E’ l’ultima cosa che mi sarei immaginato”.

Nel video Casamassima ha raccontato: “Le mie paure si sono concretizzate: mi è stato notificato un trasferimento presso la scuola. Io sarò allontanato da casa, sarò demansionato e andrò a lavorare a scuola dopo essere stato per vent’anni per la strada”. Il militare ha quindi fatto appello alle Alte Cariche dello Stato, “perché dicano se è giusto che una persona onesta debba subire questo trattamento”.

Il carabiniere pugliese ha poi annunciato che questa mattina avrebbe tentato di parlare con Nistri, il nuovo comandante generale dell’Arma, per poi recarsi nuovamente in procura. “Ci sono altri carabinieri che devono essere ascoltati nel processo Cucchi”, ha rivelato. Quindi, ha fatto notare: “una qualsiasi azione fatta contro di me va a compromettere il processo”. Il militare si è appellato alla giustizia, interpellando il Presidente del Consiglio e i Vicepremier Salvini e Di Maio. E’ necessario il loro intervento.

Le paure di Riccardo Casamassima

Appena un mese fa, a inizio di maggio 2018, l’appuntato Riccardo Casamassima aveva esposto le sue paure.

E’ uno dei militari che ha fatto riaprire l’inchiesta sulla morte del geometra romano. “Le più alte cariche dello Stato dissero: chi sa parli. Io ho parlato ma sono diventato carne da macello”, aveva confidato l’uomo, denunciando di aver già ricevuto pressioni. Da due anni, infatti, è in servizio nello stesso reparto dove lavora uno degli imputati da lui accusato: questo crea tensione e paura. Aveva infatti dichiarato: “Il 15 maggio devo andare a testimoniare in aula ma non mi sento tutelato. Sto valutando cosa fare”.

Ha avuto la forza e il coraggio di denunciare i suoi colleghi: sulla morte di Stefano Cucchi sapevano più di quello che avevano detto. È andato dal pubblico ministero e ha messo a verbale quanto sapeva. Ha trascritto i commenti ascoltati in caserma subito dopo l’arresto del geometra romano. Ma nel momento in cui è stato chiamato in aula a confermare le sue accuse, l’appuntato Riccardo Casamassima ha confidato le sue paure.

Il caso Stefano Cucchi

Doveva essere una brillante operazione antidroga. Ma le sostanze stupefacenti non vennero mai trovate. Così arrivarono le botte, fino al massacro. E’ questa l’ipotesi su cui lavora la procura di Roma.

Stefano Cucchi

Dalle foto diffuse dai famigliari dopo il decesso del giovane, i segni del pestaggio emergono in tutta la loro evidenza. Tutto il resto è stato infangato da bugie, verità mai rivelate e depistaggi.

Tra le carte e le testimonianze raccolte dagli inquirenti, sembrerebbe esserci qualche indizio sulla genesi di quella violenza. In particolare, emergerebbero elementi importanti per comprendere la condotta dei carabinieri che hanno avuto in custodia Stefano la sera dell’arresto. La procura della Capitale indaga su cinque militari dell’Arma. Il pestaggio più grave andrebbe collocato subito dopo la perquisizione, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Il movente andrebbe rintracciato nella delusione per un’operazione non riuscita. I carabinieri sono rimasti infastiditi dall’atteggiamento poco collaborativo del giovane. L’ipotesi da sempre più probabile è che i carabinieri fossero convinti, nel fermare Cucchi, di trovare grossi quantitativi di droga nella sua abitazione. Sarebbe stato questo mancato rinvenimento a provocare il pestaggio del ragazzo, deceduto il 22 ottobre.