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Caso Roberto Straccia: ammesso il ricorso

Roberto Straccia

Ammesso il ricorso dei familiari contro l’archiviazione del caso di Roberto Straccia, il ragazzo scomparso a Pescara e trovato cadavere nel 2012.

Ammesso il ricorso contro l’archiviazione delle indagini sulla sparizione e sulla morte di Roberto Straccia, studente 24enne a Pescara uscito di casa per fare jogging il 14 dicembre del 2011 e trovato cadavere in mare davanti a Bari il 7 gennaio del 2012. La procura, nel marzo 2017, aveva deciso di archiviare ulteriori accertamenti sulla scomparsa del giovane, ritenendo che fosse suicidato, ma la famiglia di quest’ultimo si è opposta. Ora sarà la Corte di Cassazione a decidere se le indagini dovranno essere riaperte. Il verdetto sarà pronunciato il 7 giugno prossimo. Del caso di Roberto si era occupata anche la trasmissione “Chi l’ha visto?” di Federica Sciarelli su RAI 3.

I dettagli

Roberto Straccia studiava all’Università di Pescara ed originario di Moresco, in provincia di Fermo, nelle Marche. Stava per laurearsi in Lingue. Era uscito di casa precisamente alle 14.40 del 14 dicembre 2011 per la sua abituale corsa sul lungomare. Le telecamere di sorveglianza del porto l’avevano visto prendere la direzione nord verso Montesilvano alle 14.42. Il ragazzo non aveva fatto più ritorno e non aveva più dato notizie di sè. In genere, percorrendo il lungomare, arrivava ad una fontana in piazza Salotto, detta la “Nave di Cascella”, da dove inizia il centro di Pescara, e poi tornava indietro, ma quella volta non era successo. Queste sono le informazioni che ancora compaiono sul sito di “Chi l’ha visto?”, il quale fa anche sapere che Roberto non aveva con sè nè il cellulare, nè i documenti. Aveva invece portato le chiavi di casa.

Indicazioni

Le ragioni del ricorso

La legale della famiglia Straccia, Marilena Mecchi, ha spiegato che il ricorso contro l’archiviazione del caso sulla scomparsa del giovane, è stato presentato per due ragioni: la prima è di competenza territoriale, dato che alcuni pentiti della criminalità organizzata locale avrebbero dato informazioni sulla vicenda, della quale quindi deve occuparsi la Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila.

In particolare la compagna di un pentito e lui stesso avevano rivelato, nel 2015, che Roberto sarebbe stato ucciso per uno scambio di persona, ma non erano stati creduti. La morte del ragazzo non era sembrata infatti avere connotazioni mafiose.

La seconda ragione del ricorso riguarda la mancanza di possibilità di contraddittorio, quando il caso è stato archiviato nel marzo del 2017, senza dare alla famiglia Straccia e alla sua legale “comunicazione nè dell’udienza nè della decisione”, ha fatto sapere la Dottoressa Mecchi.

La richiesta

La reazione

La famiglia dello studente universitario scomparso ha espresso la propria soddisfazione per l’accoglimento del ricorso, “perchè per la prima volta – ha detto la sua avvocata – qualcuno si è accorto che ci sono fondamenti per indagare in altre direzioni” rispetto a quella del suicidio.