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Censis, il Paese è in ripresa e frammentato, indietro Mezzogiorno e ceto medio

Censis

Secondo il Censis l'Italia sarebbe economicamente in crescita. Una ripresa che però lascia indietro un assottigliato ceto medio e il Sud Italia.

Secondo il rapporto 2017 del Censis, guidato dal Presidente Giuseppe de Rita, l’Italia sarebbe in netta ripresa. La produzione industriale vola oltre gli standard tedeschi. Aumentano i consumi degli italiani, anche nei comparti che la crisi ha maggiormente colpito, come cultura, viaggi e bellezza. Un aumento del 4% che si è registrata negli ultimi 3 anni e fa ben sperare per il futuro dell’Italia stessa. Svolta senza nessun dubbio reputata positiva, ma che non è generalizzata all’intera penisola. Se infatti da un lato crescono i consumi del Bel Paese, dall’altro il Censis registra un dato inquietante. Infatti le statistiche restituiscono l’immagine di una Italia frammentata. Al solito, viene lasciato indietro il Mezzogiorno che non riesce a risollevarsi. Segue poi una tragica paura del declassamento sociale, particolarmente patito dal ceto medio italiano, sempre più assottigliato.

Aumenta il numero dei poveri in Italia (4,7 milioni). In aumento anche quella che il Censis ha definito “l’Italia dei rancori“. Rancore nato dall’impossibilità di migliorare la propria condizione, indice di un’ascensore sociale rotto (ormai da diverso tempo). Una svolta sicuramente positiva, ma che non riguarda l’intero Paese, sempre più diviso sotto il profilo economico.

I giovani secondo il Censis

Come si presenta l’Italia? Quali sono i dati che la contraddistinguono? Siamo un paese con un decrescente numero di giovani e giovanissimi. C’è infatti un forte squilibrio tra le componenti generazionali. I giovani compresi tra gli 18 e i 35 anni sono infatti appena 11 milioni contro i totali 50 milioni di elettori totali presenti sul territorio italiano. Il rischio è che la piramide sociale si inverta e si spacchi, creando concrete minacce per il futuro. Si parla in politica più di pensioni che di disoccupazione giovanile secondo de Rita. I giovani dunque sarebbero poco ascoltati dalle parti politiche a causa del loro esiguo numero. Aumentano a 13,5 milioni gli over 65, cioè il 22,3%. Numero destinato a salire al 28% entro il 2032. Nascono sempre meno bambini. Per le straniere la media è di 1,97 figli, per le italiane è 1,26.

Come se non bastasse siamo i penultimi in Europa a sfornare laureati, con un 26,2% compresi tra i 30 e i 34 anni. Dato spiacevole che si lega al numero sempre più alto di giovani qualificati che si dicono pronti ad espatriare. In termini economici una assunzione fuori dai confini nazionali corrisponde una maggiore possibilità di benessere economico, dove gli stipendi in alcuni casi sono il doppio rispetto allo standard italiano. Una fuga senza fine che negli anni precedenti ha visto 144512 laureati (dato 2016) abbandonare l’Italia. Un numero che si è triplicato rispetto allo stesso dato registrato nel 2010.

La scala sociale rotta

Segue la percezione delle possibilità di scalata sociale. L’87,3% del ceto popolare (opinione condivisa dalla stessa percentuale del ceto medio) pensa che sia difficile risalire la scala sociale. Persino il 71,4% dei benestanti pensa questa stessa cosa. Quasi il 62,1% della popolazione totale pensa invece che sia estremamente semplice cadere in basso dalla scala sociale. Un fenomeno che aumenta il divario tra le parti e vede una crescita esponenziale del rancore tra le parti sociali. Una condizione che i governanti non dovrebbero sottovalutare. Permane una situazione critica dove al rancore fa seguito la mancanza di immaginazione. Permane infatti il mito del posto fisso. Un mito stinto e già in parte distrutto dal Jobs Act e dalla Legge Fornero, ma che ancora permane stabile nella mente e nelle aspirazioni degli italiani.

Il Mezzogiorno

A polarizzare il benessere derivato dalla crescita non è che una parte d’Italia. Roma e Milano i poli di maggiore attrazione della ricchezza. Il Sud invece corre lentamente verso una desertificazione demografica. Milano cresce demograficamente del 9% tra il 2012 e il 2017. Roma registra invece un incremento pari al 9,9% in città e un 7,2% nell’hinterland. Segue Firenze con una crescita del 4%. Dall’altro lato fanno capolino le grandi città del Mezzogiorno: Napoli, Palermo, Catania, Bari si stanno lentamente spopolando. Assieme alla popolazione va a picco anche il loro PIL. Ad risentirne di questa polarizzazione sono anche le città intermedie del Nord, come Genova e Torino.

Il fronte lavoro

Non migliora neanche la situazione del fronte lavoro. Secondo il Censis infatti aumenta il divario tra il lavoro intellettualmente qualificato e quello non qualificato. Sempre più difficile attrarre lavoratori e capitali stranieri da investire sul territorio italiano. Scompaiono lentamente le figure intermedie. Si assottigliano gli artigiano e gli operai qualificati, scendendo all’11%. Crescono le professioni intellettuali (11,4%) e quelle non qualificate (11,9%). In aumento gli operatori nel sistema di consegna pacchi (gig-economy). Calano di 10 punti percentuale invece i professionisti. La crisi del lavoro investe poi anche i tradizionali cartelli sindacali: nel biennio 2015-2016 si è registrata una contrazione di 180 milioni di iscritti alle associazioni sindacali come CGIL, UIL e CISL.

A chiudere il meraviglioso quadro è il numero dei migranti accolti in Italia. Record per il nostro Paese che accoglie il maggior numero di immigrati con basso livello di istruzione. Se in Europa gli extracomunitari hanno un grado di scolarizzazione del 28,4%, in Italia questi si attestano al 14,7%. Sui 52.056 permessi rilasciati dalla UE ai lavoratori immigrati qualificati, solo 1288 risiedevano in Italia. Dati allarmanti che indicano un Paese che sembra collassare.