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Come eri vestita? In arrivo una mostra sugli abusi sessuali

Come eri vestita

La mostra si terrà dall’8 marzo al 25 novembre, due date simbolo per la lotta alla violenza di genere e per i diritti delle donne.

L’associazione Libere Sinergie intende replicare tale mostra all’interno del contesto metropolitano, con lo stesso intento dei promotori della mostra negli Stati Uniti, ossia smontare gli stereotipi che colpevolizzano le vittime di stupri e sensibilizzare la comunità in merito al tema, in una società ancora troppo intrisa di violenza e di abusi sessuali.
Tale mostra ha quindi come obiettivi sia un intervento indiretto di “cura” sulle vittime, che possono realizzare e prendere consapevolezza che la violenza sessuale non è stata causata dagli abiti che indossavano, sia sviluppare una
maggior conoscenza del fenomeno e degli stereotipi che lo giustificano. Libere Sinergie intende portare la mostra in diversi luoghi della città metropolitana, dall’8 marzo al 25 novembre, due date simbolo per la lotta alla violenza di genere e per i diritti delle donne. Il primo appuntamento della mostra sarà dall’8 all’11 marzo presso lo spazio The Art Land a La Fabbrica del Vapore.

Come eri vestita? La mission

“What Were You Wearing” è una mostra promossa dall’università del Kansas da un progetto di Jen Brockman e Mary Wyandt-Hiebert, esposta per la prima volta all’Università dell’Arkansas dal 31 marzo al 4 aprile 2013. L’associazione Libere Sinergie intende replicare in Italia, contestualizzandola al nostro ambiente socio-culturale.
È un progetto di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne che parte da una domanda posta ricorrentemente a chi subisce molestie o violenza sessuale: “Come eri vestita?” In concreto il progetto vede la realizzazione di un allestimento molto semplice che presenta alcune storie di donne abusate e ne mostra gli abiti che indossavano in quel momento, non quelli veri, ma degli indumenti che ne siano una rappresentazione verosimile.

Come eri vestita? è una domanda che troppo spesso viene rivolta alle donne che hanno subito una violenza sessuale. La domanda, che sottende gravi stereotipi sessisti e pregiudizi, ha delle pesanti implicazioni e un impatto negativo
sulla donna che ha subito violenza, poiché presuppone l’idea che la vittima avrebbe potuto evitare lo stupro se avesse indossato abiti meno succinti o meno sexy. Questa mostra ha lo scopo di smantellare questo pregiudizio. La mostra dal titolo What Were You Wearing? parte dal breve racconto di 12/18 storie di violenza sessuale che sono poste accanto agli abiti in esposizione, che vogliono rappresentare in maniera fedele l’abbigliamento che la donna indossava al momento della violenza sessuale. Libere Sinergie esporrà le storie in quattro lingue: italiano, inglese, spagnolo e francese.

Jen Brockman ha dichiarato che lo scopo principale della mostra What Were You Wearing? è la promozione di una maggiore consapevolezza sulla violenza sessuale e la necessità di combattere la colpevolizzazione secondaria delle vittime. “I visitatori possono entrare nella galleria e vedere se stessi riflessi non solo nei vestiti esposti ma anche nelle storie”. Aggiunge che: “Occorre suscitare delle reazioni all’interno dello spazio della mostra simili a quelle riportate” inducendo le visitatrici a pensare “Caspita, ho questi indumenti appesi nel mio armadio” oppure “ero vestita così questa settimana”.

In questa maniera si rendono evidenti gli stereotipi che inducono a pensare che eliminando alcuni indumenti dai nostri armadi o evitando di indossarli potremmo eliminare la violenza sessuale. Ovvero, rimuovere l’idea che l’eliminazione degli stupri possa avvenire semplicemente non indossando alcuni indumenti”. Jen Brockman ha dichiarato che le reazioni alla mostra sono state decisamente positive.

Jen Brockman ha dichiarato che le reazioni alla mostra sono state decisamente positive: “quando le vittime attraversano la mostra, spesso le loro prime espressioni sono di conferma e condividono con gli organizzatori frasi come”: “questo era il mio abito”, “quello che è appeso su questo muro è esattamente ciò che indossavo”, “questa è la mia storia”, “quella storia è esattamente ciò che è successo a me”.

Brockman aggiunge: “non è l’abito che si ha indosso che causa una violenza sessuale, ma è una persona che causa il danno. Essere in grado di donare serenità alle vittime e suscitare maggiore consapevolezza nel pubblico e nella
comunità sono le vere motivazioni del progetto”.

La mission e il programma

La mostra è dedicata a Jessica Valentina Faoro, giovane ragazza di 19 anni uccisa a coltellate dall’uomo che voleva abusare di lei e al quale si era ribellata. Jessica, vuole rappresentare tutte le donne vittime di violenze, abusi e femminicidi, nella speranza che questo ennesimo caso di cronaca porti alla mobilitazione delle istituzioni, delle associazioni e della cittadinanza al fine di trovare risposte reali nella lotta contro la violenza di genere.

Contestualmente alla mostra che sarà visitabile dal giovedì al sabato dalle 10 alle 20 e la domenica dalle 14 alle 19, ci saranno poi degli spettacoli presso il Lyra Teatro. Nelle sere dell’8 e 9 marzo, Anti(real)gone. Ispirandosi al testo sofocleo, Lyra Teatro propone una riscrittura radicale e innovativa dell’originale, portando in scena uno spettacolo dai toni kitsch, pop, fumettistici e gypsy, in cui l’esplosione di colori sulla scena contrasta con il buio interiore dei personaggi. Il 10 marzo, R4 Alice, della compagnia OTE Le saracinesche. Alice è morta, e il Paese delle Meraviglie assiste con indifferenza al suo funerale. Ma è un funerale o una resurrezione? Forse una messa in scena architettata ad hoc dai suoi vecchi compagni di viaggio? L’unica cosa certa è che Alice non è più una ragazzina, ma una donna che, confusa, va incontro alla crisi della terza età.

A spiegare il motivo di tali spettacoli, c’ha pensato Laura Tanzi, Presidente di Lyra Teatro, che ha: “Questi spettacoli declinano due eroine femminili, Antigone e Alice, portandole dal classico al contemporaneo e riscrivendole radicalmente per affrontare problematiche vicine all’oggi: la violenza familiare per Antigone e la vecchiaia per Alice”.