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Controllare l'incontrollabile, ovvero guardare Andrea Francolino

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Torino, 27 set. (askanews) - Le crepe sono mappe segrete, sono rovine sognate da Borges, sono punti del mondo, apparentemente marginali, che però assumono un significato centrale nel lavoro di Andrea Francolino, uno degli artisti che muovono la scena contemporanea italiana, grazie a una visione c...

Torino, 27 set. (askanews) – Le crepe sono mappe segrete, sono rovine sognate da Borges, sono punti del mondo, apparentemente marginali, che però assumono un significato centrale nel lavoro di Andrea Francolino, uno degli artisti che muovono la scena contemporanea italiana, grazie a una visione capace di andare oltre, di abbracciare la strada quanto la filosofia, di accettare l’incontrollabilità delle cose per farne un’opera estremamente controllata. E ora la Galleria Mazzoleni di Torino gli dedica una mostra personale intitolata “Venne all’esistenza lo spazio beante”.

“Viene fuori – ha detto Francolino ad askanews – l’universalità della crepa, che è una tematica che ovviamente affronto e che volevo staccare dal banalità di lettura che a volte le si dà. Più vado avanti e più mi rendo conto che la crepa ha un’universalità intrinseca, che mi porta verso direzioni di pensiero sempre più ampie, fino ad arrivare oggi allo spazio beante. E’ uno spazio con ancora tante possibilità e quindi riuscire a trovare un titolo per questa mostra che racchiude molte delle mie sperimentazioni non era semplice. Ci ho messo molti mesi per trovare il titolo adatto e questo secondo me riesce a racchiudere tutto il lavoro in un’unica definizione”.

Una definizione che nasce dal caos dalla mitologia, da un luogo sospeso comparso all’improvviso, portando con sé, insieme, il disordine e l’ordine, lo spavento e la meraviglia. Il lavoro di Francolino ha questa notevolissima caratteristica: registra elementi, come la polvere, il rompersi di un vetro o la geolocalizzazione di una crepa sul terreno, sui quali

apparentemente non è possibile avere nessun controllo e lo trasforma in un’opera piena di consapevolezza, in un controllo assoluto, anche formale, che però resta messaggero di un

disordine inafferrabile e, probabilmente perfetto.

“Sono una persona molto curiosa di capire dove la casualità della crepa porta il mio percorso di ricerca – ha aggiunto l’artista – perché mi rendo conto che ogni volta che rifletto sull’argomento scopro nuove idee”.

Nello stesso modo noi spettatori, di fonte per esempio alle sue mappature del mondo, scopriamo nuovi modi di guardare a quella cosa inafferrabile che, per semplicità, continuiamo a chiamare “realtà”. Ma sappiamo, a un certo punto, che guardando oltre la crepa, ma anche oltre delle superfici ricoperte di polvere di cemento, quello che andiamo a scoprire è più grande, è una specie di Ordine che va al di là e che dona al mondo un’aura diversa. Un’idea selvaggia di libertà, forse. Perché, come proprio Borges ci insegna, ci sono punti che racchiudono tutto l’universo. E non siamo noi a osservare la crepa, ma è lei che sta guardando noi, da lontanissimo.