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Covid, Galli (Sacco): "Vaccinare rapidamente i più fragili, poi tutti gli altri"

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Roma, 15 apr. (Adnkronos Salute) - "Dal punto di vista del rischio di morte e del rischio di ospedalizzazione per malattia grave o di ospedalizzazione con necessità di rianimazione, le persone con fragilità rientrano nell'ambito delle persone che è opportuno proteggere...

Roma, 15 apr. (Adnkronos Salute) – "Dal punto di vista del rischio di morte e del rischio di ospedalizzazione per malattia grave o di ospedalizzazione con necessità di rianimazione, le persone con fragilità rientrano nell'ambito delle persone che è opportuno proteggere" da Covid-19. "Non abbiamo eccessivi dubbi, ma nemmeno assolute certezze. I decorsi sono infatti diversi. Molti pazienti hanno smesso di frequentare gli ospedali per non contrarre infezioni, quindi non hanno avuto più infezioni rispetto alla popolazione generale e, in alcuni casi, non si sa se abbiano un rischio maggiore di morire. Ma sono assolutamente del parere che le persone con tutta una serie di patologie meritino di avere una attenzione particolare, di essere vaccinati presto per toglierci anche il dubbio, da questo punto di vista. Non credo che le persone con fragilità e con età avanzata tolgano tempo e spazio alla vaccinazione delle cosiddette componenti produttive di primaria importanza, come da qualche parte è stato suggerito e sollevato".

Interviene così, sul tema della campagna di vaccinazione rivolta agli anziani, Massimo Galli, primario infettivologo all'ospedale Sacco di Milano e docente all'università Statale del capoluogo lombardo, in occasione del terzo Talk di Alleati per la Salute (www.alleatiperlasalute.it), il nuovo portale dedicato all'informazione medico-scientifica realizzato da Novartis. 'Vaccinazioni e fragilità, quale approccio per i pazienti cronici?' è il titolo del dibattito, al quale hanno partecipato anche Ignazio Grattagliano, professore di medicina generale all'università degli Studi di Bari nonché presidente Simg Puglia, e la giornalista Silvia Bencivelli.

Dall'incontro online è emerso che l'età media dei pazienti deceduti a causa del Covid-19 è di 81 anni. Le più comuni malattie croniche già presenti nei pazienti vittime del virus Sars-CoV-2 sono ipertensione arteriosa (65,8% dei decessi), diabete mellito di tipo 2 (29,3%), cardiopatie ischemiche (28,1%), fibrillazione atriale (24,2%), demenze (23,5%), insufficienza renale cronica (21,0%), Bpco (17,4%), tumori attivi negli ultimi 5 anni (16,7%) secondo i dati del report sorveglianza Passi Iss 2021.

"E' evidente – ha proseguito Galli – che l'ipertensione è una patologia che si associa a tante altre situazioni e molto verosimilmente all'età. Il 63% delle persone decedute in Italia per questa malattia aveva più di 80 anni e, se ci mettiamo anche i 70enni, su un totale di 114mila morti per tale patologia, arriviamo all'88% del totale. Il resto è lasciato alla fascia di età tra i 60 e 70 anni e a piccole proporzioni a tutte le altre fasce di età fino ad arrivare a pochissimi casi nei giovani e nei giovanissimi. In questa realtà parliamo di ipertensione, ma è un indicatore che identifica chi ha già un'età importante. Non avrei dubbi sull'altro indicatore, che invece è il diabete, una delle condizioni che assolutamente si associano ad un maggior rischio di progressione in negativo. Lo abbiamo visto e comprovato".

In Italia i pazienti cronici sono circa 14 milioni e oltre la metà degli over65 convive con almeno due patologie, ma dare precedenza a queste persone, attraverso il Piano vaccinale, non sembra facile dal punto di vista pratico. Attualmente hanno ricevuto almeno una dose il 68,20% degli over 80 (la media europea è 62,9%) e il 19,89% delle persone tra i 70 e i 79 anni (sono l'86% dei decessi da Covid). "Non lo è affetto – conferma Galli – C'è un algoritmo che incrocia i dati dell'esenzione con quelli dell'assunzione di determinati farmaci, dati che dovrebbero essere a disposizione delle Regioni e che identificano le persone con queste caratteristiche. Inoltre, per molte patologie croniche gli ambiti di vaccinazioni, dovrebbero essere gli ospedali e gli ambulatori specialistici che seguono queste persone".

"Nel caso di pazienti con Hiv – prosegue Galli – avendo il vaccino, se li vaccinassimo nei vari centri di malattie infettive in Italia, si potrebbero immunizzare i 105mila pazienti con Hiv in poche settimane. Questa è un'organizzazione aggiuntiva da parte degli ospedali che gestiscono certe patologie. Questo vale anche per le patologie gastroenterologiche, reumatologiche o per le persone che stanno assumendo farmaci immunosoppressori. E' più complesso forse per le patologie oncologiche. In realtà noi all'ospedale Sacco lo stiamo già facendo. Questi pazienti sono chiamati per la vaccinazione direttamente dagli ambulatori che li seguono da mesi o da anni".

Tra i pazienti fragili, gli immunocompromessi sviluppano una immunità anticorpale in seguito alla somministrazione del vaccino o in quanto immunocompromessi su di loro il vaccino funziona meno? "Non abbiamo ancora dati sufficienti per poterlo dire – ammette Galli – e poi c'è immunocompromesso e immunocompromesso, c'è malattia e malattia. Ci sono vari studi in corso anche in Italia, da questo punto di vista: se dobbiamo derivare dati dalle esperienze di precedenti vaccinazioni, sappiamo che le persone portatrici di tumori del sangue (come linfomi e leucemie) possono avere maggiori difficoltà ad avere una risposta anticorpale rispetto, ad esempio, alle persone con una malattia infiammatoria intestinale cronica".

La monodose per chi aveva situazione immunitaria e compromessa? "Sostengo che per questi pazienti – dice ancora l'esperto – è necessaria la doppia dose per avere maggiore garanzia di risposta. Tra qualche settimana sapremo quante sono le persone che sfuggono alla risposta al vaccino e con il rischio di ammalarsi e infettarsi. Più persone si vaccinano e più saranno protetti da una minore circolazione del virus e quindi si proteggeranno anche coloro che non rispondono al vaccino".

Sul tipo di vaccino a cui devono sottoporsi le persone con trombofilia, Galli non ha dubbi: "Io vorrei sapere in modo definitivo e chiaro se le osservazioni di questi fenomeni debba essere in relazione o no con la vaccinazione. Comincio a sospettare che stia saltando fuori qualcosa di nuovo, perché si controllano determinati eventi con elevata attenzione senza considerare la loro frequenza precedente all’uso di vaccini". Quando si vaccinano milioni di persone, "è chiaro che può venir fuori di tutto – conclude l'infettivologo – cose che non avevi visto prima ma che non hanno una relazione con il vaccino che stai facendo. Queste trombosi sembra che siano associate all'uso dell'eparina. Sembra un'assurdità ma c'è un numero discreto, anche se rimane un fenomeno raro, di casi determinati dalla formazione di un complesso immune che coinvolge un fattore attivante le piastrine e che ha un legame con l'eparina. Sono casi che si verificano in donne giovani e si associano a piastrinopenia. Dobbiamo capire che cosa innesca questi fenomeni. Ma alla fine dei conti, quando una persona si sottopone ad un esame radiologico con mezzo di contrasto iodato, ha un rischio di andare all’altro mondo più elevato rispetto a chi si sottopone al vaccino e un rischio di una reazione grave di 4 su 10mila".