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Covid Italia, Confestetica: "Ricorso per aprire anche in zona rossa mentre medici estetici fanno botox"

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Roma, 13 apr. (Labitalia) - "Il governo ce l'ha con le imprese del settore estetico, visto che è stata disattesa una sentenza del Tar che sosteneva l'apertura dei centri estetici". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Roberto Papa, segretario nazionale Confestetica, associ...

Roma, 13 apr. (Labitalia) – "Il governo ce l'ha con le imprese del settore estetico, visto che è stata disattesa una sentenza del Tar che sosteneva l'apertura dei centri estetici". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Roberto Papa, segretario nazionale Confestetica, associazione nazionale estetisti. "A gennaio – ricorda – il governo ha avuto la felice idea di chiudere i centri estetici, lasciando però aperti i parrucchieri; abbiamo fatto ricorso e abbiamo vinto. Nella sentenza c'è scritto che c'è stato un abuso di potere e che i relativi provvedimenti adottati dai tre dpcm sono illogici e immotivati".

"Il mondo dell'estetica – sottolinea Papa – non va bene per il governo, così come non va bene il settore della ristorazione e dei maestri di sci. Perché se il presidente del Tar dice di riaprire i centri estetici, che sono servizi essenziali, non bisogna fare discriminazione tra una categoria e l'altra".

"Con un secondo ricorso stiamo chiedendo di riaprire anche in zona rossa. Ci sono – rimarca – i medici estetici che sono aperti, così come il podologo e queste figure effettuano lo stesso tipo di attività che fa l'estetista. Stiamo, comunque, parlando di trattamenti estetici".

"La Corte di giustizia, l'Agenzia delle entrate, il Mef e il ministero della Salute – elenca – hanno specificatamente scritto e bacchettato medici estetici dicendolo loro che alcuni trattamenti che fanno, come i botox, non sono sanitari e, quindi, ci si dovrebbe pagare l'Iva".

"Inoltre – spiega Roberto Papa – i medici estetici hanno la licenza per fare trattamenti sanitari e non per fare trattamenti estetici. In Italia si contano 35mila centri estetici e circa 80mila persone occupate, di cui il 98,7% sono donne che devono fare i conti con ristori pari al 3-4% del fatturato".