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Mentre si attende la cabina di regia del 23 dicembre per valutare maggiori restrizioni in vista del Natale, il mondo scientifico è d’accordo: la variante Omicron va tenuta sotto controllo.
Covid, Palù: “Non è scontato che Omicron diventi prevalente”
“Non è scontato che in poche settimane Omicron diventi prevalente in Italia. Non abbiamo dati sufficienti per affermarlo” così Giorgio Palù, virologo del Cts, parla al Corriere. “In ogni caso è bene essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive ed individuali, vedi ricorso alla mascherina e al tampone. Le restrizioni in arrivo sono necessarie“. Il virologo conferma con la variante Omicron stia dilagando a vista d’occhio nel nostro continente: “In Europa, dai dati aggiornati al 14 Dicembre, i casi di Omicron erano 2-3 mila su alcune centinaia di migliaia. Nel Regno Unito sabato scorso sono stati riportati 10.000 nuovi casi sui circa 90mila positivi a SARS-CoV-2. L’Italia ha individuato sinora poco più di 80 sequenze Omicron in quanto svolge un’attività di sequenziamento molto bassa, siamo penultimi in Europa con la Spagna”.
Variante Omicron, Palù: “Servono maggiori dati per trarre conclusioni”
Per Palù abbiamo ancora pochi dati per trarre conclusioni: “Noi attualmente ci basiamo sui dati del Sud Africa, dove il nuovo ceppo virale ha preso il predominio, sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei e sui pochi studi eseguiti. Ma le condizioni del Sudafrica sono diverse. Oltretutto disponiamo di elementi troppo scarsi per trarne conclusioni e chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso”. Serve quindi maggiore lavoro qui in Italia, specie in termini di sequenziamento: “Questo virus presenta circa 35 mutazioni sulla proteina Spike che gli è necessaria per agganciare le cellule umane e che costituisce la base del vaccino. Molte di queste mutazioni sono state identificate in precedenti varianti come responsabili della capacità del virus di eludere la sorveglianza del sistema immunitario e di infettare efficacemente la cellula ospite -spiega-. Non sappiamo però ancora esattamente se quella che viene descritta come maggiore capacità diffusiva di Omicron sia dovuta ad un processo infettivo più efficiente o ad una maggiore abilità di evadere l’immunità -continua il virologo-. Alcuni studi non ancora pubblicati ci informano che per fermare il nuovo virus ci vuole una quantità di anticorpi 10-40 volte superiore a quelli che bastano a neutralizzare il ceppo originale”.
Omicron, Palù: “Necessarie tre dosi di vaccino”
“Non sappiamo se Omicron è più o meno virulenta della variante Delta. L’esperienza del Sud Africa che sembrerebbe indicarlo non fa testo. La popolazione sudafricana è più giovane di quella europea, il tasso di copertura vaccinale è intorno al 25% e attualmente il Paese si trova nell’estate australe” spiega Palù. In ogni caso, il vaccino è l’arma fondamentale anche contro la variante omicron: ne servono però tre dosi. “Omicron riesce a sfuggire agli anticorpi sia sviluppati dal vaccino sia dall’infezione. Con due dosi ci si può reinfettare -spiega Palù, per il quale la terza dose funziona ed è necessaria-. Non solo funziona, è il completamento del ciclo come avviene per quasi tutti i vaccini. È uno schema che rientra nella storia della vaccinologia, non bisogna pensare che la necessità di fare i richiami è la prova del fallimento di questi anti Covid”.