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Covid, Remuzzi: "Anche noi scienziati abbiamo colpe, errore più grande la sottovalutazione iniziale"

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Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri, ha dichiarato che anche gli scienziati hanno delle colpe, per aver sottovalutato la situazione

Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, ha dichiarato che anche gli scienziati hanno delle colpe,  per aver sottovalutato la situazione..

Covid, Remuzzi: “Anche noi scienziati abbiamo colpe”

Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, come ha dichiarato al Corriere della Sera, ha un grande rimpianto, che tiene sulla sua scrivania come un promemoria. “È una copia dello studio pubblicato il 24 gennaio del 2020 su Lancet. Gli autori erano un gruppo di colleghi cinesi che avevano studiato i pazienti infettati da un nuovo Coronavirus a Wuhan. Diceva già tutto quel che sarebbe successo. Dall’infezione che causava focolai di malattie respiratorie, alla terapia intensiva, fino all’alto tasso di mortalità” ha dichiarato il medico. La reazione a questo studio era stata di diffidenza, non ci avevano creduto completamente ed è un grande rimorso. “La comunità scientifica, della quale faccio parte, ha una enorme responsabilità nel disastro di questi due anni. Quando i parenti delle vittime e le persone colpite dal virus chiedono di identificare i responsabili di quel che è andato storto, beh, ci siamo anche noi” ha ammesso il direttore, sottolineando che nel giro di massimo 72 ore avrebbero potuto mobilitarsi, avvisare le autorità, farsi sentire. “Invece, abbiamo perso tempo, abbiamo perso almeno quelle quattro settimane che poi furono fatali alla mia Bergamo” ha aggiunto. 

Covid, Remuzzi: “Ho avuto paura”

Giuseppe Remuzzi ha raccontato di aver perso la speranza ad un certo punto, di aver detto ad un amico “qui moriamo tutti“. “La lotta in apparenza vana dei giovani medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il mio ospedale, che avevo appena lasciato. Tutti, nefrologi, dermatologi, ortopedici, chiamati a un combattimento estremo, fare respirare i pazienti. Io so cosa vuole dire fare due notti di fila in ospedale. Quando sei stanco, e speri solo che non arrivi un altro paziente. Invece le sirene suonavano in continuazione, non finiva mai” ha raccontato il medico, che ha spiegato di aver temuto anche per la sua vita. Ha spiegato di aver iniziato a dormire con antinfiammatori sul comodino, che prendeva appena avvertiva un fastidio o era stato con persone contagiate. “In quei giorni, cominciai a pensare se c’era un modo per curare le persone a casa. Senza mandarle in ospedale. C’era tanto materiale da studiare. Tutti i medici del mondo misero a disposizione le loro conoscenze per applicarle al virus. Prima della pandemia, non si era mai collaborato in modo così stretto. Questo impressionante sforzo collettivo è una delle poche cose di questi anni pandemici che andrebbero salvate” ha aggiunto Remuzzi

Covid, Remuzzi: “Ero alla partita Atalanta-Valencia del 19 febbraio”

Il Corriere della Sera ha parlato anche della famosa partita Atalanta-Valencia disputata a San Siro il 19 febbraio, chiedendo se sia stata la “bomba” che ha fatto esplodere il contagio. Remuzzi ha ricordato che lui era presente a quella partita, anche se non andava allo stadio da vent’anni. Dopo quel giorno no nci è più tornato. “Un nostro fornitore aveva biglietti omaggio e ci teneva molto che andassi con lui e gli altri ospiti. Partimmo insieme da Bergamo, su un pullmino. La cosa incredibile è che durante il viaggio, mi chiese di fare un piccolo discorso su questa malattia misteriosa si cui si parlava tanto. Mentre stavo entrando in un focolaio di massa. In uno stadio con dentro 44mila persone. Ero seduto accanto a un sacerdote bergamasco, grande intenditore di calcio. A ogni gol, e ne segnammo quattro, mi abbracciava” ha raccontato il medico, sottolineando che nessuno del suo gruppo si è ammalato. Remuzzi ha spiegato che erano lontani da una corretta percezione della realtà all’inizio, sottolineando che se tornasse indietro non si presenterebbe più nei talk show che diffondono disinformazione. 

Covid, Remuzzi: “Stiamo andando verso la fine della pandemia”

Giuseppe Remuzzi aveva firmato un documento insieme ad altri nove esperti nel giugno 2020 in cui era spiegato che il virus era più debole. “A un certo punto non arrivavano più malati nei Pronto soccorsi. Ci fu davvero una fase in cui i sintomi della malattia si fecero più deboli. Non fu una mia iniziativa, non ero tanto convinto di firmare, ma le critiche furono ingiuste. Si fotografava una situazione. In quel momento, era così. Le cose purtroppo cambiarono nell’autunno seguente. Con il senno di poi fu un errore, ma non lo rimpiango” ha spiegato. Per lui il giorno migliore è stato il 27 dicembre 2020, quando il direttore dell’azienda sanitaria di Bergamo gli ha chiesto di fare per primo il vaccino. “Cito un recente lavoro pubblicato su Lancet: il virus rimarrà con noi per tanti anni, ma stiamo andando verso la fine della pandemia. E non ci sarà più un momento come quello iniziale, quando non sapevamo nulla, per colpa nostra” ha concluso il medico.