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La storia di Aldo: arrestato per cannabis è morto in carcere

aldo bianzino

L'uomo è stato arrestato nel 2007 per aver coltivato una piantina di cannabis. E' morto in carcere in circostanze sospette 48 ore dopo l'arresto.

L’uomo era stato arrestato per aver coltivato nel suo orto una piantina di cannabis. A 48 ore dall’arresto l’uomo morirà in carcere in circostanze sospette. Oggi il figlio venticinquenne sta preparando una richiesta per la riapertura del caso.

La storia di Aldo Bianzino

Era il 14 ottobre 2007, quando Aldo Bianzino, falegname di 44 anni, è stato arrestato per aver coltivato nel suo orto una piantina di cannabis. Polizia e Guardia di Finanza hanno fatto irruzione nella sua abitazione sulle colline umbre, dove viveva con la moglie Roberta Radici, la madre di lei, e il figlio Rudra. A seguito della perquisizione, Bianzino e la moglie vennero arrestati e portati in carcere. Aldo si giustificherà: “E’ per uso personale”, ma non servirà a nulla.

Entrambi erano incensurati e avevano deciso da qualche tempo di trasferirsi in collina per vivere immersi nella natura, lontani da tutti. Mai avrebbero pensato di finire in carcere per detenzione di sostanze stupefacenti. Una volta in carcere, marito e moglie vengono divisi. Quella sarà l’ultima volta
in cui Roberta vede il marito vivo.

Due giorni dopo l’arresto Roberta viene convocata in ufficio dove ad attenderla c’è il vice-ispettore capo della Polizia. Qui gli vengono poste domande riguardanti la salute del marito. Solo dopo qualche insistenza gli viene confessato che Aldo è stato portato in ospedale. La donna viene poi rimandata in cella per essere chiamata di nuovo solo qualche ora dopo. “Lei è scarcerata, firmi”, Roberta è incredula, non capisce cosa stia accadendo e chiede di poter vedere il marito. La risposta delle guardie è incredibile: “Martedì, dopo l’autopsia“. E’ con queste parole che Roberta Radici apprende della morte del marito. La donna morirà un anno dopo, nel 2008, a causa di un cancro.

Le indagini sulla morte di Aldo Bianzino

Dall’autopsia eseguita sul corpo dell’uomo sono emersi diversi ematomi, costole rotte e danni a fegato e milza. Non sembra quindi trattarsi di un semplice malore. Tutto fa pensare ad un pestaggio. L’indagine viene quindi aperta per omicidio. Successivamente l’inchiesta verrà archiviata ben due volte. La sentenza definitiva arriverà solo nel 2015, otto anni dopo. Secondo i giudici la morte è sopraggiunta a seguito di un aneurisma. Esclusa quindi l’ipotesi di pestaggio. Un uomo viene condannato a un anno di reclusione per omissione di soccorso.

La famiglia non ha mai smesso di nutrire dubbi nei confronti di questa sentenza e per questo il figlio, Rudra, oggi 25enne, si sta preparando a chiedere la riapertura delle indagini per omicidio a carico di ignoti.