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Vaticano, tutto sul caso Emanuela Orlandi

Tutto sul caso Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi aveva 15 anni quando scomparve nel 1983. La sua sparizione potrebbe essere legata all'attentatore Agca e ala Banda della Magliana.

Era il 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi, 15enne romana, scomparve nel nulla senza lasciare traccia. Il caso scosse l’opinione pubblica, sia per la giovane età della ragazza sia per i collegamenti che, con l’approfondirsi delle indagini, emersero tra la sua scomparsa e il Vaticano. Emanuela è figlia di Ercole Orlandi, impiegato alla prefettura della casa pontificia, dunque la ragazza risultava ufficialmente cittadina della Santa Sede. La sua scomparsa è, ancora oggi, una delle vicende più controverse della cronaca italiana e vaticana.

Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi, la scomparsa e le telefonate

Era un giorno come tanti per Emanuela. Intorno alle ore 19 lasciò la scuola di musica dove si era recata per le lezioni di flauto e, all’uscita, chiamò a casa. Rispose la sorella, a cui confidò che un uomo le aveva appena offerto un lavoro come promotrice di cosmetici. La sorella la invitò a tornare per discuterne in famiglia, ma Emanuela non arrivò mai a casa. Le ultime a vederla viva furono due compagne di corso, che la salutarono alla fermata dell’autobus di Corso Rinascimento.

Al momento della scomparsa, la prima pista battuta dagli inquirenti fu quella dell’allontanamento volontario di un’adolescente ribelle. Ma fin dall’apertura delle indagini la famiglia Orlandi ricevette diverse telefonate sospette. Un certo Pierluigi dichiarò di aver visto Emanuela insieme a un’amica a Campo dei Fiori: si faceva chiamare Barbara e promuoveva cosmetici. Ma l’uomo non accettò mai di incontrare i genitori o di collaborare attivamente con la polizia. Poco tempo dopo, anche un tale Mario chiamò casa Orlandi per segnalare di aver visto Emanuela, che si era presentata come “Barbarella”. Ma le sue dichiarazioni vennero considerate inattendibili dagli inquirenti.

Marcia per Emanuela Orlandi

Le ipotesi: l’attentato al papa

Il 5 luglio 1983 si fece largo l’ipotesi di un collegamento tra il caso Orlandi e le recenti vicende che avevano interessato il Vaticano. Un uomo con un forte accento anglosassone, per questo soprannominato dalla stampa “l’Americano“, chiamò la Santa Sede affermando di tenere Emanuela Orlandi in ostaggio e indicando Pierluigi e Mario come suoi collaboratori. Il rapimento sarebbe stato messo a punto dai Lupi grigi, l’organizzazione criminale di cui faceva parte anche Ali Agca, l’attentatore di papa Giovanni Paolo II. L’Americano chiese la sua liberazione in cambio della vita di Emanuela. In seguito i familiari della ragazza e una sua compagna di corso ricevettero altre telefonate simili.

Un rapporto segreto del Sisde, reso noto solo anni dopo, descrive l’Americano come “un profondo conoscitore della lingua latina, uno straniero di cultura anglosassone e di livello culturale elevatissimo, appartenente (o inserito) nel mondo ecclesiale“. Francesco Salerno, impiegato alla Prefettura degli affari economici della Santa Sede, affermò che la scomparsa della ragazza fosse “un elemento di pressione su ambienti strettamente legati al sommo pontefice“.

Le parole di Agca

Fu poi lo stesso Agca a confermare che il rapimento della giovane e l’attentato al papa “sono la stessa cosa”, ma gli inquirenti non trovarono alcun elemento concreto che potesse avvalorare tale ipotesi. Nel 1984 anche altri membri dei Lupi grigi effettuarono diverse telefonate per rivendicare il rapimento. Affermarono di avere in ostaggio non solo Emanuela ma anche Mirella Gregori, la giovane figlia del titolare di un bar scomparsa poco prima della Orlandi, il 7 maggio 1983.

Nel 2010, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha incontrato personalmente Ali Agca. L’attentatore ha ribadito il proprio coinvolgimento nel caso e ha assicurato che la ragazza “è viva“, si trova in una villa in Francia o in Svizzera e “tornerà presto a casa”.

Le due ragazze scomparse

La pista della Banda della Magliana

La prima indagine si è conclusa nel 1997. Nel luglio 2005, durante una puntata della trasmissione Chi l’ha visto? dedicata a Emanuela, una chiamata anonima ha suggerito di controllare chi è davvero sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare a Roma e di indagare sul “favore che Renatino [Enrico De Pedis, uno dei capi della Banda della Magliana] fece al cardinal Poletti”. Le ossa interrate nella cripta sono risultate appartenere proprio a De Pedis. Solo nel 2011 la Procura della capitale è risalita a chi ha effettuato la chiamata anonima del 2005. Si tratta di Carlo Alberto de Tomasi, affiliato alla Banda.

Nel 2008 una nuova inchiesta è stata aperta in seguito alla testimonianza di Sabrina Minardi, ex compagna di De Pedis. La Minardi ha raccontato di aver visto Emanuela Orlandi a bordo di un’auto che la stessa Minardi guidò su indicazioni del compagno. La ragazza era in uno stato confusionale, forse a causa di sostanze stupefacenti. Secondo la sua testimonianza, la 15enne sarebbe stata segregata negli scantinati di un palazzo vicino al San Camillo e poi uccisa. Ma le analisi svolte dagli inquirenti non hanno portato ad alcun riscontro. Le parole della Minardi sono considerate parzialmente attendibili dagli inquirenti, anche a causa del suo comprovato uso di stupefacenti in passato.

Emanuela e Mirella

Pippo Calò e il ritrovamento delle ossa alla Nunziatura

Nel 2016 la Procura di Roma ha deciso l’archiviazione dell’inchiesta, confermata dalla Corte di Cassazione. Ma la famiglia di Emanuela non si è arresa e si è rivolta al Tribunale Vaticano. I familiari hanno inoltre chiesto agli inquirenti di effettuare un’indagine su Pippo Calò, 87enne mafioso detenuto al 41bis del carcere di Opera. La polizia sospetta che Calò avesse dei legami con la Banda della Magliana proprio nel periodo della scomparsa di Emanuela.

Il 30 ottobre 2018, il ritrovamento di alcune ossa nel seminterrato della Nunziatura apostolica di via Po ha riaperto le indagini. Il Vaticano e la Procura di Roma hanno annunciato analisi minuziose per stabilire a chi appartengano i resti, alla ricerca di un eventuale collegamento con i casi Orlandi e Gregori.