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Prato, operai protestano: presi a bastonate dopo il lavoro

operai aggrediti a Prato

Due operai di un'azienda tessile sono stati aggrediti: si erano rivolti al sindacato per denunciare una situazione di vera e propria schiavitù.

Il 2019 è quasi alle porte ma in Italia alcune aziende trattano i lavoratori come dei veri e propri schiavi: salari da fame e turni di lavoro massacranti. Se qualcuno prova ad alzare la testa rischia però non solo il licenziamento. Il sindacato Si Cobas ha denunciato infatti che due operai di una fabbrica di Prato gestita da imprenditori cinesi sono stati vittime la sera di martedì 6 novembre 2018 “di una gravissima aggressione con bastoni, bottiglie di vetro e armi da taglio mentre rientravano a casa dopo la fine del proprio turno di lavoro”.

La protesta dei due lavoratori

I due operai lavorano per una ditta di Montemurlo, una delle tante fabbriche tessili del pratese a conduzione cinese. Il sindacato denuncia che quello contro i due lavoratori è stato “un agguato pianificato in piena regola: sono stati aggrediti lungo il loro percorso abituale di ritorno a casa, precisamente all’imbocco di un sottopasso pedonale, lì dove gli aggressori potevano più difficilmente essere visti”. “Si tratta fuori da ogni dubbio di un gravissimo atto intimidatorio” chiarisce il Si Cobas a cui Adeel e Abbas, entrambi pakistani, si erano rivolti per denunciare “una situazione di vera e propria schiavitù“.

I due operai sono infatti costretti a lavorare 12 ore al giorno sette giorni su sette. Ovviamente, con buste paghe da fame. Grazie alla denuncia dei due lavoratori, il sindacato ha iniziato una lotta dura, passata da scioperi e denunce pubbliche, che ha portato ad un primo accordo, e quindi al riconoscimento formale dei diritti fondamentali dei lavoratori: retribuzioni in linea con il CCNL Tessile per 40 ore settimanali di lavoro, riconoscimento di riposo settimanale, ferie, malattie e tredicesima.

“E’ evidente che i padroni del settore sono terrorizzati dall’idea che questa storia di riscatto faccia da apripista per molte altre. – sottolinea Si Cobas – E infatti già decine e decine di lavoratori impiegati nelle fabbriche tessili a conduzione cinese si sono rivolti dopo i primi scioperi di luglio agli sportelli del nostro sindacato. In tutti i casi le condizioni di sfruttamento denunciate sono pressoché identiche a quelle descritte”. Il sindacato evidenzia: “Si tratta di un ‘segreto di pulcinella’: tutti sanno – istituzioni in primis – della realtà di schiavitù e illegalità totale che si nasconde dietro le mura di moltissime fabbriche tessili del territorio”.

L’agguato

Dopo aver ricevuto ripetute pressioni psicologiche e minacce di vario genere per “convincere” Adeel e Abbas alle dimissioni “volontarie”, i due operai che non hanno ceduto al ricatto sono stati quindi aggrediti brutalmente.

La loro unica colpa “denunciare e combattere un sistema intollerabile di sfruttamento che schiaccia migliaia di lavoratori, in primis cinesi e richiedenti asilo asiatici ed africani” precisa il sindacato. Dopo l’agguato, uno dei due operai è stato portato in codice rosso al Pronto Soccorso di Prato.

“L’aggressione è avvenuta nello stesso giorno nel quale a Pistoia è stata smantellata una organizzazione che sfruttava lavoratori richiedenti asilo per la raccolta in agricoltura” sottolinea la Filctem Cgil. Il Si Cobas Firenze ha quindi proclamato nella giornata di ieri, 7 novembre, una giornata di sciopero.

Decreto sicurezza

“Quelle denunciate dai lavoratori sono condizioni tipiche di un settore ad altro sfruttamento di manodopera come il tessile, in cui il grado di sottomissione dei lavoratori all’azienda è altissimo. Tutto ciò si rende possibile grazie alla condizione di vero e proprio ricatto cui sono sottoposti molti lavoratori: la paura di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno, o peggio – per molti lavoratori abbandonati in una situazione di clandestinità – la paura di finire reclusi in qualche centro di identificazione, sono una vera e propria arma nelle mani dei padroni, che in questo modo attaccano al ribasso le condizioni di tutti i lavoratori” spiega Potere al Popolo.

Il movimento avverte quindi: “Il decreto Salvini altro non farà che aggravare questa situazione, gettando solo quest’anno 100mila persone nella più totale clandestinità, alla mercé di profittatori e speculatori di turno”.