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La storia di Chiara: "La mia patologia causata dai medici"

chiara trapianto fegato

Ha 19 anni ed è affetta da una rara patologia esito di cure neonatali inadeguate. Ora solo un trapianto di fegato potrebbe aiutarla.

Chiara Giunchi è una ragazza di 19 anni e abita a Cervia, in provincia di Ravenna, insieme ai suoi genitori e alla sorella gemella. Una vita la sua condotta coraggiosamente dinnanzi allo spettro di una rara patologia frutto di un errore medico. All’età di 6 anni le viene diagnosticata una malattia progressiva, il cavernoma portale. Si tratta, di una “condizione anatomica conseguente a trombosi o a manovre di incalunamento della vena ombelicale sui neonati, fatte in modo errato” come spiega a Fanpage il medico epatologo che segue la ragazza. In altre parole la sua patologia è l’esito di cure inadeguate ricevute in ospedale quando era appena nata: sono stati i medici a procurale una trombosi alla vena porta – la vena che porta il sangue al fegato – tenendola attaccata al catetere ombelicale per 12 giorni.

La speranza di Chiara

Chiara non può studiare, perché il suo fegato è incapace di eliminare le tossine che arrivano al cervello e la fanno sentire spaesata impedendole di concentrarsi, non può lavorare né svolgere attività fisica perché rischierebbe di rompere la milza danneggiata. La sua è una patologia progressiva, questo significa che continuerà ad aggravarsi con il passare del tempo fino a “prendere tutti gli organi”. Se diagnosticato adeguatamente, il cavernoma portale si può curare subito con un intervento risolutivo. Ma Chiara lo ha scoperto solo a sei anni. E ora la sua malattia si è evoluta al punto di richiedere un trapianto di fegato – al momento è in lista di attesa al Centro Trapianti dell’ospedale Molinette di Torino – ma nessuno sa se questo possa bastare a permettere alla ragazza di riprendere la normale vita di una diciannovenne. Tuttavia Chiara non ha mai perso il sorriso: “Spesso sono arrabbiata e preoccupata dal fatto che non ci sia una cura ma credo nel destino e credo che tutto possa andare nel verso più giusto per ogni persona. Incrociamo le dita”, ha detto in un’intervista a Fanpage. E ha poi aggiunto di voler un giorno fondare un’associazione per far conoscere la patologia e aiutare la ricerca.