Silvia Romano “è ancora nella foresta, nei pressi del fiume Tanta”. La 23enne volontaria italiana sequestrata a Chakama, in Kenya, nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2018, è ancora viva ma preoccupa il silenzio dei rapitori.
Silenzio dai rapitori
I sequestratori sembra che abbiano intenzione di portare Silvia Romano in Somalia ma, stando a quanto riferiscono fonti dell’Ansa, il confine è ben sorvegliato. Nei giorni scorsi la ragazza è stata avvistata da diverse persone tanto che questi hanno riferito che i rapitori la obbligano ad indossare il niqab, il velo integrale islamico, e a sporcarsi il viso con del fango per non farsi riconoscere. Dopo il sequestro a Silvia le sono state anche tagliate le treccine ma questo “è naturale perché si trovano in una zona a prevalenza musulmana caratterizzata dalla presenza di tribù di origini somale, tra cui gli ‘Orma’ a cui appartengono i sequestratori”, riferiscono le fonti dell’agenzia di stampa italiana.
Anche se apparentemente i rapitori sembrano essere “circondati”, con il passare dei giorni cresce la preoccupazione in merito alla sorte della volontaria. La foresta dove è tenuta nascosta è infatti fitta e impenetrabile. Il fatto poi che i rapitori appartengono ad una delle tribù che vivono in quell’area complica la situazione, perché potrebbero tenere Silvia in ostaggio nei villaggi della foresta anche per settimane.
Il timore è che più passa il tempo più la 23enne possa diventare un “ospite” scomodo. Per liberarsene, infatti, i sequestratori potrebbero vendere Silvia Romano a bande criminali somale oppure a gruppi estremisti legati ai fondamentalisti islamici di Al-Shabaab. Ovviamente, questi sono solo timori. La Farnesina infatti è sempre in stretto contatto con le autorità kenyote e sul caso mantengono il più stretto riserbo.