> > Scampato alla strage di Capaci, muore in un incendio in casa

Scampato alla strage di Capaci, muore in un incendio in casa

strage Capaci

Scampato alla strage di Capaci, l’ex poliziotto 57enne Walter Cucovaz è morto 26 anni dopo nella sua abitazione a causa di un incendio

Sfuggito alla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, se n’è andato 26 anni dopo a causa di un incendio avvenuto in casa sua. La tragedia si è verificata a Savona, dove nella notte di San Silvestro è deceduto l’ex poliziotto 57enne Walter Cucovaz. Sarebbero state fatali le esalazioni sprigionate dalle fiamme. L’incidente fatale poco prima delle 23, al terzo piano di una palazzina del popolare quartiere di Legino. A dare l’allarme una vicina che si è accorta del fumo che fuoriusciva dall’appartamento. Nonostante l’immediato intervento dei vigili del fuoco, per Cucovaz non c’è stato nulla da fare.

Cucovaz aveva avuto un addestramento specifico in protezione e scorta: nel 1983 inviato a Palermo in servizio effettivo, inserito nella fase di protezione di Falcone e Borsellino. Si era salvato da una morte certa solo per un cambio di turno: quando il tritolo sventrò l’autostrada A29 lui si trovava in tribunale per servizio.

Dopo il periodo in servizio in Sicilia, il trasferimento a Bergamo. Poi era ritornato nella sua Savona, dove forniva supporto alla polizia penitenziaria durante i processi alle Brigate rosse. Non sono ancora chiare le cause dell’incendio che però sembrerebbe essere stato solo il frutto di un tragico incidente.

Strage Capaci, il racconto di Cucovaz

“Prima dell’attentato di Capaci io e i miei colleghi provvedevamo alla sicurezza dei due magistrati”, aveva raccontato nel 2016 a IVG.it. Solo un caso, spiegava, gli aveva salvato la vita: “Per via dei turni il giorno della strage ero in servizio al Tribunale, dove smontai alle 7 del mattino. Alle 16 mi avvisarono della strage”.

La strage di Capaci lo aveva segnato inesorabilmente, tra il dolore per la morte dei colleghi e la consapevolezza che sarebbe potuto toccare a lui. “Da allora cominciai a subire forti traumi depressivi e mi trasferirono a prestare servizio nella città di Bergamo, come supporto alla penitenziaria durante i vari processi alle Brigate Rosse. Poi sempre in servizio protezione, come ai vari summit dei capi di stato a Venezia. Successivamente in protezione dell’allora presidente di Confindustria Pininfarina, che possedeva una proprietà a Garlenda vicino Albenga”, aveva infatti raccontato.