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Sissy Trovato Mazza, un'ex detenuta "Così facevano entrare la droga"

Sissy Trovato Mazza, dichiarazioni ex detenuta su cocaina

Un'ex detenuta della Giudecca ha rivelato i particolari del traffico di droga all'interno del carcere dove lavorava Sissy Trovato Mazza.

Emergono nuovi particolari sulla morte della poliziotta Sissy Trovato Mazza, agente penitenziario ridotta in stato vegetativo e poi uccisa da un colpo di pistola mentre era in servizio all’ospedale civile di Venezia. Un’ex detenuta della Giudecca si è rivolta a Fanpage: “Ora che Sissy è morta, deve venire fuori tutta la m**** della Giudecca. Dirò tutto”. L’ex carcerata ha raccontato che l’agente stava indagando su un giro di traffico di stupefacenti e abusi all’interno della prigione. “So che aveva scoperto la presenza di droga. Parliamo di cocaina, per essere precisi. So dove veniva nascosta e come veniva tenuta lontana dalle perquisizioni. Quando arrivavano a controllare, i cani antidroga venivano trattenuti per un po’ giù, mentre la coca veniva nascosta nelle plafoniere della cella 2, dove i cani non potevano raggiungerla”.

“La coca passava dalla lavanderia”

Diversi mesi prima del colpo di pistola che l’ha uccisa, Sissy aveva denunciato ai suoi superiori la presenza di droga nel penitenziario. Aveva trovato la cocaina in lavanderia, attraverso i sacchi dei panni sporchi. “Se l’ha scoperto è stato per caso”, ha commentato l’ex detenuta. “Lì se non dovevi trovare qualcosa non te lo facevano trovare. La droga arrivava dal battello che porta dentro i capi da lavare”, dal momento che la Giudecca funge da lavanderia per molti alberghi della zona. “I sacchi non venivano controllati e la coca arrivava direttamene in lavanderia, dove poi si decideva a chi darla. A me non hanno mai provato a vendere stupefacenti, semplicemente perché non sono mai stata tossicodipendente. Ma alle altre che ne avevano bisogno, sì”.

“Tutti sapevano”

Un giro ben noto a tutto il personale penitenziario, sostiene l’ex detenuta. “Tutti sapevano come andavano le cose, ma nessuno aveva il coraggio di parlare. ‘Se non si fa gli affari suoi, la mandiamo a 900 chilometri dai suoi figli’, mi dissero per scoraggiarmi dal dire qualunque cosa. Ma ora [che sono libera, ndr] non ho più paura. Tutto deve venire fuori. Io temo che quel giorno Sissy sia stata vittima di un tentativo di intimidazione finito male. Un chiarimento, insomma, degenerato nel sangue. Lei era una persona pulita, l’unica agente con cui noi detenute potevamo parlare. Ci ascoltava, ci consigliava, ci aiutava”.