> > Chiede 66 milioni dopo 22 anni in carcere da innocente

Chiede 66 milioni dopo 22 anni in carcere da innocente

Firenze

Giuseppe Gulotta venne condannato all'ergastolo quando aveva 18 anni. E' stato vittima del più grosso errore giudiziario della storia d'Italia

Una vita rovinata da una lenta e mal funzionante giustizia. Ingranaggi burocratici e meschinità giudiziarie sono costati 22 anni di carcere a Giuseppe Gulotta. Ha trascorso 22 anni in carcere da innocente. La vicenda risale al 26 gennaio 1976. Ora Gulotta, accusato per errore dell’omicidio di due giovani carabinieri della caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani, chiede un risarcimento di 66 milioni di euro. Nell’atto, depositato al tribunale di Firenze, gli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini hanno citato l’Arma dei carabinieri per responsabilità penale.

La vicenda di Giuseppe Gulotta

Venne arrestato e condannato all’ergastolo quando aveva appena 18 anni. Fu poi assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria. Nel 2016 gli venne riconosciuto un risarcimento di sei milioni e mezzo di euro, con una provvisionale (cioè un anticipo) di 500 mila euro. L’uomo, che oggi ha 60 anni, è stato vittima del più grosso errore giudiziario della storia d’Italia. Nel 1976 faceva il muratore e aveva fatto domanda per entrare nella Guardia di Finanza. Il 13 febbraio i carabinieri lo prelevarono e lo portarono in caserma. Legati mani e piedi a una sedia, lo picchiarono e minacciarono di morte con una pistola che gli graffiava le guance. Botte e insulti. Così per dieci ore finché “sporco di sangue, lacrime, bava, pipì” si rassegnò a confessare quello che gli urlavano i carabinieri, pur di porre fine a quell’incubo. Furono le minacce e le umiliazioni a parlare, non il senso di colpa per un delitto di cui non si è mai macchiato.

Solo dopo anni di tormenti, con quell’accusa sulla testa, Gulotta è riuscito a dimostrare la sua totale innocenza nel processo di revisione, tenutosi a Reggio Calabria e concluso con la sua assoluzione con formula piena il 13 febbraio 2012, esattamente 36 anni dopo il giorno del suo arresto. Il 20 luglio successivo si è chiuso con l’assoluzione anche il processo di revisione per Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, i presunti complici, fuggiti in Brasile prima della sentenza definitiva e rimasti 22 anni lontani dall’Italia. Infine, celebrato il processo di revisione anche nei confronti di Giovanni Mandalà, morto in cella, disperato, nel 1998.

Le parole dell’avvocato

“È la prima volta in duecento anni di storia che qualcun cita l’Arma dei carabinieri per responsabilità penale. Ci sono due aspetti che contenuti nell’atto depositato. Il primo riguarda la responsabilità dello Stato per non aver codificato negli anni il reato di tortura. Il secondo profilo coincide con ciò che attiene agli atti di tortura posti in essere in una sede istituzionale (la caserma dei carabinieri) da personale appartenente all’Arma che ha generato un gravissimo errore giudiziario”.

Il legale ha inoltre ricordato che: “La stessa Cassazione ha suggerito di rivolgerci all’Arma per il risarcimento del danno subito per le torture. Il giudice, infatti, sarebbe stato indotto nell’errore dalla falsa confessione estorta”.