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Migranti, la "preoccupazione" espressa dal Consiglio d'Europa

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Avviate dal Viminale le procedure per la chiusura del Cara di Mineo. Il Consiglio d'Europa esprime preoccupazione per la gestione dei migranti.

Sono iniziate le operazioni di trasferimento dei migranti ospitati presso il Cara di Mineo, in Provincia di Catania. La struttura, la più grande del paese, una volta svuotata verrà quindi chiusa entro l’anno. Un impegno ribadito ancora una volta dal Ministro dell’Interno Salvini il 7 febbraio 2019.

Preoccupazione del Consiglio d’Europa

Una condotta politica, quella mantenuta dal governo a trazione gialloverde nei confronti dei migranti, che attira l’attenzione del Consiglio d’Europa. La Commissaria per i Diritti Umani Dunja Mijatovic ha infatti scritto al Premier Giuseppe Conte per condividere le preoccupazioni sorte in seno all’organizzazione internazionale. Una organizzazione fondata nel 1949 il cui scopo principale è la promozione della democrazia e dei diritti umani su suolo europeo. Ma che vale la pena ricordare essere estranea al quadro istituzionale dell’Unione, e le cui iniziative non sono di per sé vincolanti.

La commissaria quindi ha espresso “preoccupazione” per la situazione venutasi a creare con l’approvazione del Decreto Sicurezza e le modalità di chiusura dei porti alle navi umanitarie. Ma anche proprio per quanto riguarda la decisione del governo di chiudere i Centri di accoglienza. Una decisione che secondo la Mijiatovic rischia di avere pesanti ripercussioni sui “Diritti di accesso all’accoglienza e ai servizi essenziali, come salute ed educazione, per i residenti che hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari”.

L’organizzazione con sede a Strasburgo esprime inoltre la propria apprensione per quanto riguarda “Le sconcertanti informazioni che indicano che un certo numero di loro sarebbero a rischio di restare senza un alloggio”. Un timore che trova le proprie radici nella decisione governativa di procedere alla chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto, in Provincia di Roma. Una decisione, secondo il Consiglio, che rischierebbe di “Mettere fine agli ammirevoli sforzi fatti negli anni passati dai servizi sociali per l’integrazione e la riabilitazione dei rifugiati”.

Avviate le partenze da Mineo

E che viene quindi alimentata dalle prime partenze dal Centro di Mineo, avviate nelle prime ore del 7 febbraio 2019. Un ricollocamento che spesso non viene vissuto di buon grado dai destinatari delle misure. Persone che nella maggior parte dei casi hanno dovuto lasciare dietro di se le proprie vite e i propri cari. Attraversare un continente prigioniero della moltitudine di bande armate che detengono il controllo del territorio, subire la prigionia e in molti casi la schiavitù, prima di giungere ad affrontare il mare. Persone che in molti casi avrebbero bisogno di sosteno psicologico per affrontare i traumi delle torture subite e delle violenze di cui sono stati testimoni. E che invece vengono abbandonate sempre più a se stesse e ai propri demoni, a nutrire la massa sempre maggiore di senzatetto ridotti a vivere di espedienti in mezzo alla strada.

Una situazione, insomma, potenzialmente esplosiva, e che rischia – se non adeguatamente affrontata – di avere pesantissime ripercussioni sulla sicurezza degli italiani.

Sono 44 i migranti caricati sui pullman e diretti verso altre strutture. Avrebbero dovuto essere 50, ma sei di loro hanno fatto perdere le proprie tracce. Stessa decisione presa da altri 15 convocati “di riserva”, che non si sono presentati. Francesco Magnano, direttore del Cara, spiega che si tratta di “Persone libere, che hanno un permesso di soggiorno e possono andarsene quando vogliono”. “È chiaro”, prosegue, “Che così hanno perso il diritto all’accoglienza in strutture governative”. Persone che secondo il Viminale “Hanno preferito rinunciare a vitto, alloggio, mediatori e assistenza medica”.

Critiche alla decisione del governo anche dal Sindaco di Mineo Giuseppe Mistretta. Secondo il quale “Dal Ministro Salvini vorrei un riconoscimento per il nostro territorio, così pesantemente violentato dallo Stato, che non può lasciare qui le macerie che ha creato”.