> > Tragedia Rigopiano, ruppe sigilli per portare fiori: papà a processo

Tragedia Rigopiano, ruppe sigilli per portare fiori: papà a processo

tragedia rigopiano sigilli processo

Tragedia Rigopiano: il papà di una vittima, Alessio Feniello, forzò i sigilli per portare i fiori al figlio scomparso. Andrà a processo.

Stefano Feniello è una delle 29 vittime della tragedia dell’Hotel Rigopiano, struttura situata nel comune di Farindola (Pescara), in Abruzzo. Il 18 gennaio 2017 una slavina, distaccatasi da una cresta sovrastante, ha investito l’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort. L’evento è la più grave tragedia causata da una valanga avvenuta in Italia dal 1916 e in Europa dal 1999.

Inflitta multa da 4.550 euro

Il padre di Stefano, Alessio, 57 anni, nei giorni seguenti la tragedia forzò i sigilli giudiziari per portare dei fiori sul luogo dove il figlio aveva perso la vita. Insieme a lui c’era la moglie, Maria. Il gip del Tribunale di Pescara, Elio Bongrazio, ha disposto nei suoi confronti il giudizio immediato, in seguito all’opposizione dell’uomo al decreto penale di condanna, tramite il quale gli fu inflitta una multa da 4.550 euro per avere violato l’area interdetta dell’hotel. Il processo si terrà il 26 settembre 2019.

“Non pago un euro, mi faccio processare”, dichiarò fin da subito Alessio Feniello deciso a portare avanti la sua causa. La notizia del processo contro Feniello ha scatenato molte reazioni sui social in cui gli utenti si schierano dalla parte del padre del ragazzo. L’uomo ha dichiarato: “Ma vi sembra normale che in Italia i magistrati, dopo che mi è stato ucciso un figlio, sprechino denaro pubblico (e le loro energie) per mandarmi a processo solo per aver portato fiori dove hanno ammazzato il nostro ragazzo? È una vergogna. Una vergogna”.

La moglie è assolta

Anche il ministro Matteo Salvini, incontrato alla cerimonia dell’anniversario della tragedia, si è mostrato dalla parte del padre della vittima affermando quanto sia giusto non pagare. L’avvocato di Feniello, Camillo Graziano si è detto meravigliato dal verificarsi dei fatti: “Condannato in otto mesi e non è mai stato sentito. Di questo provvedimento, noi non abbiamo avuto notizia fino all’emissione del decreto penale. Non c’è stato neanche un avviso di garanzia, con la possibilità di chiedere un interrogatorio”. A Settembre 2018, l’archiviazione della moglie Maria, anch’ella presente quel giorno insieme al marito, è ufficiale: “Non mi spiego la diversità di trattamento”, aveva commentato perplesso l’avvocato Graziano.