Ritirare tonnellate di rifiuti, mantenerli in diversi capannoni della Lombardia e poi bruciare tutto: questo era il diabolico piano di un gruppo di facinorosi. Sono tanti i soldi guadagnati da diverse società, ora alle prese con l’indagine “Venenum”, diretta dal capo della Dda di Milano, Alessandro Dolci.
Sono quindici le persone arrestate durante quest’indagine. Inoltre, è stata sequestrata una cifra di oltre un milione di euro. Il ricavo totale proveniente dalle operazioni illecite è ancora da determinare. Tra gli arrestati sono presenti imprenditori, amministratori e gestori di società operanti nel settore degli smaltimenti rifiuti. Diversi di questi hanno anche precedenti per traffico illecito di rifiuti.
L’indagine è iniziata in seguito al grande incendio scoppiato il 14 ottobre 2018, il cui responsabile non è ancora stato individuato. Il gip incaricato all’indagine ha precisato che “è altamente probabile che sia servito per smaltire illegalmente gli stessi rifiuti”.
Alcuni rifiuti da Napoli e Salerno
Secondo le prime indiscrezioni, il 38% del totale dei rifiuti proveniva da Napoli e da Salerno. Infatti, due dei quindici arresti sono titolari di aziende intermediarie allo smaltimento dei rifiuti con sede in provincia di Caserta. Sono numerosi i capannoni affittati per stoccare i rifiuti. Tra questi quelli di Fossalta a Piave (Venezia), di Meleti (Lodi) e di Verona San Massimo (Verona).
Al momento non è contestata l’aggravante dello stampo mafioso, nonostante alcuni degli indagati potrebbero avere avuto legami con la criminalità organizzata. 37mila le tonnellate sequestrate dalle forze dell’ordine: “Per dare un’idea della quantità – ha spiegato il capo della Mobile milanese Lorenzo Bucossi – basti pensare che i metri cubi corrispondono a un campo di calcio alto cinque metri”.