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Omicidio Pamela, medico legale conferma: "Era agonizzante a terra"

Pamela Mastropietro

"Pamela morì dopo essere stata accoltellata e lasciata agonizzante a terra": così il medico legale conferma le parole del pentito Vincenzo Marino

In 100 minuti, incalzato dalle domande del procuratore Giovanni Giorgio, l’ex ‘ndranghetista Vincenzo Marino, ha confermato davanti alla corte d’assise di Macerata quanto aveva già dichiarato nell’agosto dello scorso anno al pm. Nel carcere di Marino del Tronto ha dichiarato: “Innocent Oseghale mi ha detto di aver ucciso Pamela”.

Il Corriere della Sera fa sapere che quello tra “lo zio”, come Marino veniva chiamato in carcere, e “seg” (abbreviativo di “seghetto”, il soprannome con il quale il pentito crotonese chiamava Oseghale per via della sua costituzione fisica) è stato un rapporto nato male, con una rissa tra i due, che avevano le celle a distanza di pochi metri. “Cornuto, pezzo di m***a, che cosa hai fatto?”, pare gli abbia detto Marino appena ebbe modo di incontrarlo per il corridoio. Quel giorno, l’8 luglio 2018, tra i due volarono una bottiglia d’acqua e alcuni sputi. Così la direzione del carcere dispose il divieto di incontro sia dentro sia negli spazi esterni alla struttura.

“Le ultime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Marino sono attendibili e confermano quanto emerso nella mia perizia tecnica”. Così ha fatto sapere il medico legale, Luisa Regimenti. “Pamela morì a causa di due fendenti inferti all’emitorace destro con un coltello”, continua la docente di Medicina legale all’Università di Tor Vergata a Roma. La Regimenti è anche consulente di parte civile al processo che si svolge presso la Corte di Assise di Macerata, dove il nigeriano Innocent Oseghale è imputato per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della 18enne romana Pamela Mastropietro.

Il medico legale conferma le parole del pentito

La novità di questa seconda udienza è stata la deposizione di Vincenzo Marino, pentito di ‘ndrangheta, che ha riferito di aver raccolto alcune presunte confidenze che il nigeriano Oseghale gli aveva fatto nel carcere di Ascoli Piceno, dove i due si erano incontrati per un breve periodo di detenzione.

“Una testimonianza che chiarisce bene la vicenda e conferma che Pamela morì dopo essere stata accoltellata e lasciata agonizzante a terra, come dimostrano le prove ematiche condotte in laboratorio. La ricostruzione effettuata in Tribunale da Marino è credibile, perché trova esatto riscontro nei reperti autoptici che sono stati poi illustrati nella perizia medico legale”, ha fatto sapere la Regimenti. “Si tratta di reperti che il test non poteva conoscere e che soltanto chi ha ucciso Pamela avrebbe potuto rivelargli. Come per esempio la contusione del capo, riscontrata nel corso dell’autopsia e che coincide con quanto detto da Marino, che ha raccontato che Pamela svenne dopo una colluttazione, cadendo infine a terra”.

Altro punto decisivo, rileva Regimenti, “riguarda le lesioni al fegato che abbiamo riscontrato e che lo stesso Marino evidenzia nella sua deposizione. Il decesso della ragazza, infatti, è avvenuto come diretta conseguenza di almeno due lesioni penetranti a livello dell’emitorace destro, in corrispondenza del nono e decimo spazio intercostale, inferte a cuore battente mediante strumento da punta e taglio di lunghezza da 10-15 centimetri”, ha ribadito.

“Gli esami tossicologici effettuati permettono poi di escludere che a causarne la morte sia stata una overdose di eroina, risultata ampiamente al di sotto dei valori medi indicati come correlabili a morte per intossicazione acuta”.

La posizione di Luisa Regimenti

La posizione della Regimenti coincide con quelle del medico legale Mariano Cingolani. L’esperto ha effettuato l’esame autoptico sul corpo di Pamela e del tossicologo Rino Froldi, consulenti del pubblico ministero. A occuparsi del caso è un pool di esperti, nominati dall’avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela. Si tratta del tossicologo Carmelo Furnari, la criminologa Roberta Bruzzone, la genetista Marina Baldi e la laureanda in Scienze delle investigazioni, Linda Corsaletti.

“Il prossimo 20 marzo sarò ascoltata in aula. Sono convinta che il processo permetterà di stabilire la verità dei fatti e di condannare Oseghale. Stando alle rivelazioni del pentito Marino, l’africano avrebbe agito da solo e sarebbe uno dei referenti della mafia nigeriana a Macerata, nella gestione della prostituzione e del traffico di stupefacenti”, ha concluso Luisa Regimenti.

Pamela Mastropietro

“Oseghale sezionò Pamela da viva”

Le confidenze sulla morte di Pamela, a detta di Vincenzo Marino, sono iniziate subito dopo la riappacificazione tra i due e in più tempi. La dose di eroina richiesta dalla ragazza la portò “Lucky Desmond e fu pagata da Pamela con una collanina, che le regalò la mamma”, è il suo racconto. In attesa della droga, consumarono un rapporto orale: “Innocent mi disse che fu consenziente”.

Poi, sembrerebbe che insieme al connazionale e a Pamela salirono nell’appartamento di via Spalato”. In casa, la 18enne consumò la dose di eroina e andò in trance. Quindi, si alzò dal divano e “Desmond provò ad approcciarla sessualmente”. Ma Pamela non accettò e ricevette uno schiaffo, che le fece cadere a terra priva di sensi. A quel punto, prosegue Marino nel suo racconto, “Desmond andò via, perché la ragazza non faceva niente”. In casa, Pamela restò sola con Oseghale, “che la rianimò con l’acqua”. Subito dopo ebbe “un rapporto sessuale completo“, durante il quale “la ragazza aveva gli occhi girati all’insù”.

Perpetrata la macabra violenza sessuale a danno della giovane, “Pamela voleva andare via, tornare nella sua casa di Roma in treno, ma voleva denunciare Oseghale“, ha rivelato il pentito. A quel punto l’assassino le avrebbe inferto una prima coltellata all’altezza del fegato, “usando un coltello grande, che nascondeva sotto un mobile all’ingresso di casa”, prosegue Marino. “Mi ha detto che era convinto che Pamela fosse morta e cominciò a sezionarla, cominciando dalla gamba. Ma lei si mosse e si lamentò. Così, le diede una seconda coltellata, sempre al fegato”. “Le sue ossa erano dure”, è quanto Oseghale disse a Marino, nel racconto del testimone. Quindi l’ha fatta a pezzi sbarazzandosi del corpo, sezionato e nascosto in due valige successivamente abbandonate.