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Caso Ruby, è morta la testimone Imane Fadil: sospetto avvelenamento

imane fadil

È morta dopo un lungo ricovero presso l'Humanitas di Milano una delle testimoni al caso Ruby: si sospetta l'avvelenamento.

È morta a soli 33 anni la modella di origini marocchine Imane Fadil. La donna era considerata una testimone chiave nel processo riguardante il ‘caso Ruby‘. Il decesso è avvenuto presso l’ospedale milanese Humanitas il 1° marzo 2019. La ragazza era ricoverata a Milano da molto tempo e solo dopo più di due settimane la notizia della sua morte è stata resa pubblica.

La procura di Milano sta avviando le indagini sul suo decesso e, secondo il sito d’informazione fanpage.it, sarebbe stato aperto un fascicolo per omicidio colposo. Infatti, gli inquirenti sospettano si tratti di avvelenamento: il sospetto è nato proprio dalla vittima che prima di morire si sarebbe confidata al fratello e al suo legale.

Il libro e lo stress

Il procuratore che sta dirigendo le indagini, Francesco Greco, ha comunicato il decesso della donna e dell’imminente apertura delle indagini sulla sua morte. Secondo alcune indiscrezioni, prima di morire la modella era alle prese con la stesura di un libro destinato alla pubblicazione. Gli scritti della Fadil sono ora sotto torchio dalle forze dell’ordine, alla ricerca di indizi riguardanti la sua morte.

Nel gennaio 2019 la donna era stata allontanata dal tribunale poiché accusata di falsa testimonianza. A fare la stessa fine sarebbero state altre due testimoni: Ambra Battilana e Chiara Danese. Infatti, secondo i procuratori e i pubblici ministeri, le donne erano troppo stressate dopo aver scelto di denunciare i festini di Arcore: “Sono ragazze che hanno subito infinite e dirette possibilità di danno da questa vicenda, dallo stress alle difficoltà relazionali. Di fronte a eserciti di persone che, come un’unica voce, sostenevano la loro tesi erano una minoranza per cui loro stesse, in inferiorità numerica, avrebbero potuto essere accusate non solo di falsa testimonianza ma anche di calunnia”, queste le parole di Tiziana Siciliano, procuratore aggiunto di Milano.