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Si suicida nella sua azienda in crisi, la lettera di accusa

riccardo morpurgo

Un imprenditore rimasto solo di fronte alla crisi. E' questa la storia di Riccardo Morpurgo, suicida nella sua azienda in crisi.

Riccardo Morpurgo, ingegnere e imprenditore edile di Senigallia, si è suicidato venerdì 12 aprile proprio all’interno della sua azienda, in crisi ormai da tempo. Il 64enne, prima di uccidersi, avrebbe lasciato un lettera d’addio in cui accusa banche e amministratori di essere la vera causa della sua morte. Nella missiva, che è stata diffusa alla famiglia solo dopo i funerali, l’imprenditore ha spiegato il dramma di essersi trovato solo a fronteggiare la crisi. Il corpo senza vita era stato ritrovato nel pomeriggio di venerdì da alcuni dipendenti, insospettiti nel notare la sua assenza. “Con il tragico, e certo insensato, gesto, spero finalmente di riuscire a risvegliare coscienze intorpidite ed animi accecati” aveva scritto nella lettera.

La lettera di Riccardo Morpurgo

“Una crudele, sfinente ed umiliante alternanza tra illusione e repentina disillusione, tra fiduciosa e luminosa speranza ed immediata e cocente delusione, e così per anni, in attesa di una positività alla quale non credo più – ha esordito l’imprenditore -. Queste parole per giustificare un passaggio terreno che non può ridursi ad una supina ed inerme accettazione degli eventi: lo debbo ai miei figli e a mia moglie che mi hanno sempre gratificato di una cieca fiducia e che certo non approveranno, lo debbo ai miei collaboratori, tutti ragazzi eccezionali che hanno pieno diritto ad un futuro meno funereo di quello che invece si vuole loro prospettare, lo debbo ai miei tanti amici cari che molto patiranno, lo debbo a me stesso che dell’onestà e dell’etica professionale ho fatto un credo incrollabile. Mi sono umiliato sin dove non avrei mai creduto di dovere, potere e saper fare. Ho sinanco ipotecato il futuro mio e della mia famiglia, ed inutilmente ho ancora proposto ciò che avrebbe positivamente risolto, solo lo si fosse voluto.

Tanti sono gli errori che ho commesso – continua l’imprenditore -, errori di supponenza, di ingenuità ed ottimismo nel prossimo, di poca o nulla previdenza, ma mai sono venuto meno ai dettami di correttezza e onestà”. Da qui Morpurgo ha lanciato la vera e propria accusa: “Mi rivolgo dunque ai responsabili, assolutamente irresponsabili, degli istituti di credito, ma anche ai pubblici Amministratori e a chi, abusando del suo infimo potere, si arroga il diritto, tralignando la verità, di divertirsi giocando con la necessità, le ansie, le emozioni del prossimo, senza capacitarsi che il suo divertimento può essere recepito tragicamente da chi lo subisce”.