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Il bambino eroe che sotto tortura non tradì i suoi fratelli partigiani

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Livio Sandini aveva solo 12 anni. I fascisti lo minacciarono, lo picchiarono e lo calarono nel pozzo. Ma non disse mai dove si trovavano i fratelli.

Livio Sandini, nel 1944, aveva solo 12 anni. Era l’ultimo di cinque fratelli e viveva con la famiglia a Bassano del Grappa, un comune in provincia di Vicenza. Il vero nome di Livio era Vittorio, ma tutti in famiglia, per chissà quale motivo, l’hanno sempre chiamato Livio. Era solo un bambino, ma fu capace di un atto che unisce coraggio e amore.

Quando i fascisti giunsero nel paese per catturare tutti i partigiani presenti, presero Livio per estorcergli delle informazioni su dove si trovassero i fratelli. I fascisti prima lo picchiarono, poi gli legarono le gambe e, attraverso una catena, lo calarono a testa in giù in un pozzo profondo 25 metri. Tutto intorno, si sentivano solo urla e spari.

“Non lo so dove sono, è tanto che sono via… non li vedo mai!” disse Livio. “Devi dircelo, altrimenti fai una brutta fine”, lo minacciarono senza pietà. Ma Livio resistette ad ogni tortura e minaccia, salvando la vita ai fratelli. Fu poi portato nella Caserma Reato in viale Venezia, il posto dove venivano messi tutti i partigiani catturati.

I fratelli non furono mai catturati

Domenico, Gianni e Mario, scapparono per i campi e si nascosero in mezzo al granoturco della famiglia Polo. Dopo, si nascosero a Nove, un paese situato a 6 chilometri da Bassano, nella casa di Adele, la sorella maggiore. Stando a quanto riportato dal sito repubblica.it, rimasero nascosti là per diversi mesi, fino alla liberazione.

I tre fratelli non furono mai trovati dai nazifascisti; l’altro fratello, Antonio Sandini, deportato in Germania, tornò in Italia e si riunì alla famiglia dopo la guerra. Nel 1961 Livio sposò la signora Danila. Morì nel 2004 in seguito a una lunga e grave malattia.