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Il papa in Vaticano davanti a 500 rom e sinti: "Questa non è civiltà"

Proteste rom, papa Francesco

"È un problema di cuore, i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente perché non sanno abbracciare".

Questa non è civiltà, l’amore è civiltà“. Con queste parole papa Francesco ha voluto condannare quanto accaduto, nelle scorse settimane, a Casal Bruciato e in altre aree della periferia romana in cui i residenti sono scesi in piazza contro la comunità rom. Proprio davanti a 500 tra rom e sinti, riuniti in Vaticano, il pontefice ha espresso tutta la propria sofferenza: “Prego per voi, vi sono vicino. Quando leggo sul giornale una cosa brutta, vi dico la verità, soffro. Le cose che ho sentito, tante, mi hanno toccato il cuore”.

“Non lasciamo crescere il rancore”

Quello emerso a Casal Bruciato non è “un problema politico, un problema sociale, culturale, di lingua”, ha sottolineato il papa. “Queste sono cose secondarie. Il problema è la distanza tra la mente e il cuore. È vero, ci sono cittadini di seconda classe, ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente perché non sanno abbracciare, vivono con la scopa in mano buttando fuori gli altri. Invece la vera strada è quella della fratellanza, con la porta aperta. Tutti dobbiamo collaborare”.

Il pericolo a cui tutti noi siamo esposti, ha continuato, “è lasciar crescere il rancore. Il rancore ammala tutto, ti porta alla vendetta, ma la vendetta non l’avete inventata voi. In Italia ci sono organizzazioni che sono maestre di vendetta – voi mi capite bene. Un gruppo di gente che è capace di creare la vendetta, di vivere l’omertà: questo è un gruppo di gente delinquente. Voi, invece, andate avanti con la dignità e il lavoro”.

Le testimonianze

Tra le persone che hanno portato la propria testimonianza a San Pietro davanti al Santo Padre ci sono anche un prete rom e tre madri, riporta Tgcom24. Al termine dei loro racconti, papa Francesco ha commentato: “Questa mamma che ha parlato mi ha toccato il cuore quando mi ha detto che lei leggeva la speranza degli occhi dei figli. Ne ha quattro, mi diceva. La speranza può deludere se non è vera speranza, ma quando la speranza è concreta in Dio, come in questo caso, mai delude”. Il pontefice ha poi proseguito tessendo un commosso elogio alle mamme che “lottano tutti i giorni per la concretezza, non per le cose astratte: dar da mangiare a un figlio, andare avanti tutti i giorni. Una donna che porta un figlio al mondo è speranza, lei semina speranza, è capace di fare strada, di creare orizzonti”.

Ma, accanto alla speranza, nelle loro parole “c’era sempre dolore. L’amaro della disperazione, quello che si sente nella pelle, non nelle orecchie. Ti fanno da parte: ‘sì, tu passi ma lì, non toccarmi‘”. Poi, rivolto al sacerdote rom: “A te in seminario domandavano se chiedevi l’elemosina, se andavi a Termini. La società vive nelle favole, dice: ‘No, Padre, quella gente è peccatrice’. E tu non sei peccatore? Lo siamo tutti, ma non posso lavarmene le mani guardando finti o veri peccati altrui. Io devo guardare ai miei peccati e se l’altro pecca o prende una strada sbagliata devo avvicinarmi e dare una mano per aiutarlo a uscirne”.