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La Sea Watch arriva a Lampedusa: "Salvini tolga il divieto"

Sea Watch a Lampedusa

La nave della Ong tedesca è stata autorizzata a gettare l'ancora a un miglio dal porto, ma il Viminale ribadisce il no allo sbarco.

La Sea Watch ha infranto il divieto del ministro dell’Interno Matteo Salvini, è entrata in acque territoriali italiane e si trova ora davanti al porto di Lampedusa. La capitaneria dell’isola ha dato l’autorizzazione alla nave della Ong tedesca ad attraccare nella fonda a un miglio dalla terraferma, si apprende da Rai News, ma non ad entrare in porto. Nel frattempo, due motovedette sono dirette verso l’imbarcazione, nel tentativo di convincere il suo equipaggio a non avvicinarsi ulteriormente al territorio italiano.

Sea Watch a Lampedusa

La decisione di dirigersi verso Lampedusa nonostante il divieto era già stata annunciata. “Abbiamo deciso di entrare nelle acque territoriali e fatto rotta verso Lampedusa in considerazione dell’aggravamento delle condizioni a bordo”, ha spiegato Giorgia Linardi, portavoce della Sea Watch. “Alcuni migranti hanno manifestato anche l’intenzione di suicidarsi. Prima di procedere, siamo stati in contatto con la Guardia costiera, informandoli della condizioni umanitarie e delle nostre intenzioni. Contestualmente, abbiamo inviato una richiesta di revoca del divieto di entrare nelle acque territoriali” emesso da Matteo Salvini. La Ong non ha alcuna intenzione di “violare le regole, che abbiamo rispettato. Ma le condizioni sono mutate e la nostra scelta è diventata obbligata. A giudizio anche del comandante, la situazione venutasi a creare supera le motivazioni del diniego”.

La risposta del Viminale

Ma il Viminale ha ribadito che “il Ministero dell’Interno si è già pronunciato. Ha considerato la Sea Watch 3 ‘non inoffensiva‘ a nome di quelle stesse convenzioni internazionali che vengono spesso invocate, anche a sproposito. Il Viminale ha diffidato la nave a entrare nelle acque italiane. Il Ministero dell’Interno non cambia idea e non autorizza lo sbarco. Se qualcuno non è d’accordo, si prenda la responsabilità pubblica di dirlo e di autorizzarlo. Li consideriamo complici dei trafficanti: abbiamo buoni motivi per pensarlo e per dirlo”.