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Strage di Capaci, Di Matteo: "Sulla morte di Falcone verità parziale"

strage di capaci

La strage di Capaci del 23 maggio 1992 rappresenta una delle pagine più buie della storia d'Italia, su cui non è stata ancora fatta piena luce.

Nonostante siano passati 27 anni, sulla strage di Capaci non è stato ancora detto e scoperto tutto. Il 23 maggio 1992 Cosa Nostra organizza il cosiddetto Attentatuni: in un boato spaventoso muoiono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

Chi ha partecipato alla strage?

“La lettura analitica delle sentenze che sono state emesse ci porta a ritenere che è stato possibile – ma mi sento di dire altamente probabile – che insieme agli uomini di Cosa Nostra abbiano partecipato alla strage, nel momento del mandato stragista, organizzazione ed esecuzione, anche altri uomini estranei alla mafia” dichiara il pm Nino Di Matteo nel corso dell’intervista rilasciata ad Andrea Purgatori per Atlantide, trasmissione in onda su La7.

In poco più di un quarto di secolo sulla strage di Capaci si sono svolti quattro processi e una ventina di mafiosi sono stati condannati. Ma il sostituto procuratore della Dna (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) non sembra avere dubbi: sulla morte di Giovanni Falcone è stata scritta solo “una verità parziale“.

Matteo Messina Denaro

Dopo la confessione di Gaspare Spatuzza è emersa infatti, nel corso del processo Cabaci bis, “una situazione di convergenza di interessi con l’organizzazione mafiosa” da parte di “ambienti esterni a Cosa Nostra” che ne ha “condiviso i progetti” e “incoraggiato le azioni”, con si legge nella sentenza.

Non a caso Di Matteo nel corso dell’intervista si dice convinto che “c’è un latitante come Matteo Messina Denaro che sa molte cose ed è in grado di ricattare lo Stato“, come riporta La7. Il pm non nasconde quindi di temere che la latitanza del boss possa essere “protetta da qualcuno”.