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Caso marò, Latorre e Girone in attesa del verdetto dell'Aia

marò tribunale internazionale italia

La sentenza sarà emessa nel luglio del 2019. I due fucilieri, accusati di omicidio volontario, rimangono in servizio in attesa della decisione.

Sono trascorsi 7 anni e il caso dei marò è ancora aperto. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, impegnati in una missione di protezione della nave mercantile italiana Enrica Lexie, furono accusati dell’omicidio, avvenuto il 15 febbraio 2012, di due pescatori indiani. Questi ultimi furono scambiati per pirati al largo della costa del Kerala, nel sud dell’India. A luglio del 2019 la Corte permanente di arbitrato dell’Aia emetterà il verdetto, decidendo se spetti all’India o all’Italia processare i due fucilieri di Marina. Dopo l’accusa di omicidio volontario da parte delle autorità indiane, Latorre e Girone si sono sempre dichiarati innocenti, affermando di non avere puntato i pescatori, ma di avere sparato soltanto dei colpi di avvertimento. In attesa della decisione del tribunale dell’Aia, Massimiliano Latorre presta servizio a Roma, mentre il collega Salvatore Girone opera alla capitaneria di porto di Bari. Entrambi sono vincolati dall’obbligo di firma e dal divieto di lasciare l’Italia.

Il caso marò

Dopo la morte dei pescatori indiani, i due militari vennero fatti scendere dalla Enrica Lexie a Kochi, sulla costa sudoccidentale dell’India, e messi in stato di fermo. Il tribunale di Kollam decise per il loro trasferimento nel carcere ordinario di Trivandrum, da cui uscirono solo il 30 maggio 2012. L’Alta Corte del Kerala concesse ai marò la libertà su cauzione di 10 milioni di rupie (124mila euro), stabilendo l’obbligo di firma quotidiano. Ai due fucilieri venne anche ritirato il passaporto. Iniziò così una lunga e dura battaglia dell’Italia con il governo indiano per la libertà di Latorre e Girone.

Nel dicembre 2012, il governo italiano ottenne un permesso di 15 giorni per i due militari perché potessero trascorrere il Natale in Italia, con l’obbligo, però, di rientrare in India alla scadenza della licenza. Lo stesso accordo fu preso alla fine del febbraio 2013, quando ai due fucilieri venne dato un secondo permesso di 4 settimane per le elezioni politiche. In quell’occasione, il governo Monti annunciò inizialmente di non volere rispedire in India i due marò, salvo poi fare un passo indietro e rispettare gli accordi con le autorità indiane. Una decisione, questa, che portò alle dimissioni l’allora Ministro degli Esteri Giulio Terzi, che si dichiarò fortemente contrario alla scelta dell’esecutivo. Solo nel 2014, a causa di un ictus, Massimiliano Latorre ottenne l’autorizzazione a tornare in Italia da parte delle autorità indiane. Girone, invece, dovette aspettare fino al maggio del 2016, quando gli fu concesso il rimpatrio per “ragioni umanitarie”.