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Maltratta la moglie, condannato: i giudici gli affidano il figlio

Tribunale

Fa discutere la scelta di un tribunale di affidare il figlio al padre condannato per maltrattamenti. Le associazioni: "Vittima due volte".

L’uomo sarebbe stato condannato ben in due gradi di giudizio per lesioni, maltrattamenti in famiglia e violenza. I giudici però, nonostante questo, avrebbero deciso di affidare a lui, e non alla madre, il figlioletto. Il Tribunale ha infatti deciso che il piccolo dovrà stare con il padre, ritenendo la madre “non idonea“, come si legge nella sentenza. E’ quanto accaduto nel padovano e che ha fatto indignare tutti coloro i quali sono venuti a conoscenza della decisione. A stranire ancora di più, c’è il fatto che tra i reati addebitati all’uomo, ci sarebbe anche la violenza assistita, ovvero quel tipo di violenza subita dai bambini che assistono a violenze sulla madre. I giudici, però, sembrano aver preso la loro decisione: il padre è “la figura maggiormente idonea a garantire la stabilità emotiva del minore“.

Le proteste

Inutile dire che la decisione a scatenato svariate polemiche. Il Centro Veneto Progetti Donna Onlus ha fatto sapere, attraverso le pagine del Corriere Veneto, che il quale il decreto sarebbe “senza precedenti in Italia” e violerebbe “la convenzione di Istanbul e la Convenzione europea firmata e riconosciuta da tutti gli stati per la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”. In particolare l’associazione fa riferimento alla sentenza di condanna, in cui sono riportate alcune testimonianze secondo le quali l’uomo avrebbe massacrato di botte, insultato, minacciato, demolito psicologicamente e tenuto senza soldi e cibo l’ex moglie. Per i legali del centro, “è grave che il giudice nel decreto definisca ogni tentativo della donna di difendere sè stessa e i figli dalle violenze con l’attacco alla genitorialità, mettendo la vittima sul banco degli imputati“.

Vittima due volte

Sulla vicenda è intervenuta anche l’associazione Differenza Donna: “Quando non si ha la consapevolezza della violenza maschile contro le donne e della gravità di questa orribile violazione dei diritti umani, le sopravvissute diventano “boarderline” e gli uomini maltrattanti, buoni padri” ha affermato la presidentessa dell’associazione. “I danni conseguenti si chiamano vittimizzazione secondaria e gli Stati ne sono direttamente responsabili secondo il principio delle due diligence della Convenzione di Istanbul. Noi donne attiviste dei Centri Antiviolenza continueremo a rendere visibili le contraddizioni delle Istituzioni e della società e a far riflettere su cosa realmente vuol dire aver cura di noi, delle nostre relazioni e della società che abitiamo”.