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La Perla annuncia 126 esuberi. Landini: "Sospetto gioco finanziario"

La Perla Cgil

"Il sospetto è che l'operazione di acquisizione dell'azienda sia stata solo una mera operazione di finanza speculativa" denuncia la Filctem Cgil.

“L’apertura delle procedure di mobilità per 126 dipendenti di due società del gruppo ‘La Perla’ è un fatto grave. Si tratta di un intervento che inspiegabilmente, su 1200 dipendenti nel mondo, sceglie di eliminare cento persone a Bologna, più della metà delle aree di campionario, dove risiede il know how, il saper fare, del prodotto leader del mercato dell’intimo e della corsetteria” denuncia il segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

Il marchio di lingerie made in Italy licenzia

La storica azienda dell’intimo di lusso è stata acquistata nel febbraio 2018 dalla società anglo-olandese Tennor (ex Sapinda) che, lunedì 24 giugno 2019, ha annunciato un piano industriale che prevede pesanti tagli sul personale. Il 2 luglio si è svolto un incontro nella sede della Regione, a Bologna, tra azienda e sindacati ma il risultato è stato “deludente”, sottolinea la Filctem Cgil.

“Andremo avanti, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti, con le iniziative di lotta per la difesa del loro posto di lavoro – dichiara Sonia Paoloni, segretario nazionale della sigla sindacale – Vogliamo, infatti, aprire un nuovo tavolo vertenziale al Mise“.

“Operazione di finanza speculativa”

Maurizio Landini avverte infatti: “Se si licenziano le figure del cuore professionale dell’impresa, impiegate tecniche, sarte, modelliste, si smonta l’impresa spingendola fuori dall’Italia e si confermano i sospetti che l’acquisto da parte del Fondo Sapinda sia stato un gioco finanziario, senza alcuna logica industriale: nessun progetto di sviluppo, un piano industriale fatto solo di tagli del personale”.

“Si tratta di un altro marchio di prestigio del made in Italy – sottolinea infine il leader della Cgil – che rischia di vedere la sua linea produttiva e ideativa totalmente realizzata all’estero, con un grave danno economico e di immagine per la manifattura italiana e per lo stesso made in Italy”.