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Napoli, gip arrestato: favori in cambio dell'assoluzione

alberto capuano

Stando a quanto emerso dalle indagini, il gip avrebbe promesso di influenzare i processi in cambio di soldi e viaggi.

Settantamila euro per condizionare il collegio penale che avrebbe giudicato tre imputati sospettati di essere vicini alla Camorra. E’ questa una delle accuse che hanno portato all’arresto del gip di Ischia, Alberto Capuano, finito in manette insieme ad altre 4 persone nel corso di un’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Roma. Stando a quanto emerso, il magistrato, in servizio al tribunale di Napoli, avrebbe accettato la promessa di una grossa somma di denaro in cambio di favori, non solo ad amici e conoscenti, ma anche a persone legate alla Camorra, in particolare al clan di Giuliano.

70 mila euro per l’assoluzione

Capuano avrebbe quindi accettato da due intermediari la somma di 70 mila euro in cambio dell’assoluzione: 20 mila sarebbero stati pagati prima, mentre gli altri 50 sarebbero arrivati dopo la sentenza. Il gip in particolare sarebbe dovuto intervenire su uno o più componenti del Collegio penale designato per decidere il processo penale che vedeva imputati Giuseppe Liccardo, Luigi Liccardo e la madre. I tre erano a processo con l’accusa di trasferimento illecito di valori, e legami con clan Mallardo. Il processo si sarebbe dovuto tenere il 25 giugno, ma è stato rinviato.

Il sistema di corruzione

Nell’ordinanza, il gip di Roma menziona la “situazione di estrema vulnerabilità del Tribunale di Napoli, a causa del collaudato sistema di corruttela operante e di cui gli indagati appaiono i terminali principali”. Capuano viene descritto come “pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta oltre a lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche cibo e bottiglie di vino, fino a somme di denaro in contanti”. Nell’indagine è coinvolto anche Antonio Di Dio, consigliere comunale anch’egli finito in carcere. Stando alle indagini quest’ultimo avrebbe ricoperto il ruolo dell’intermediario.