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Andrea Camilleri morto, l'intervista al suo primo editore

Andrea Camilleri intervista primo editore

Nel giorno della morte di Andrea Camilleri, la redazione ha intervistato il suo primo editore, che lo ha scoperto come autore di romanzi.

Lutto nel mondo della cultura per la scomparsa di Andrea Camilleri, morto all’età di 93 anni, a un mese dall’arresto cardiaco per cui è stato ricoverato. La redazione di Notizie.it ha contattato la casa editrice Lalli, che nel 1978 ha pubblicato Il corso delle cose, la prima opera di narrativa del padre del Commissario Montalbano. La moglie del curatore, nonché titolare della casa editrice, Antonio Lalli, ha ricordato l’incontro con l’autore.

Andrea Camilleri morto, intervista all’editore

Come avete conosciuto Andrea Camilleri?

Abbiamo incontrato Andrea Camilleri quando abbiamo pubblicato il suo primo libro di narrativa nel 1978. Si tratta de Il corso delle cose, un romanzo che all’epoca era già stato respinto da altre case editrici. Mio marito, Antonio Lalli, ne curò personalmente la pubblicazione. In seguito, venne realizzato anche uno sceneggiato televisivo. Noi chiedemmo soltanto di essere citati nei titoli di coda e lui accettò la nostra richiesta.

Cosa vi ha spinto a pubblicare Il corso delle cose, nonostante il rifiuto di altri editori?

All’epoca avevamo una collaboratrice a Roma che è deceduta alcuni anni fa. È stata lei a presentarcelo e a occuparsene. Noi ci fidammo di lei e seguimmo il suo consiglio.

In seguito vi furono altre collaborazioni?

No, dopo l’uscita di questo libro ognuno ha preso la sua strada. Lui ha fatto altre scelte e così ci siamo persi di vista, ma va bene così, non c’è stato rancore.

Che rapporto c’era tra la casa editrice e lo scrittore?

Abbiamo trascorso diverse serate insieme. Siamo stati nella sua casa in campagna, qui in provincia di Siena (noi siamo di Poggibonsi). Con Camilleri si è creato un bellissimo rapporto. Era una persona buona, in gamba, molto umana. Ne conserviamo certamente un bel ricordo.

Intervista a Lillo Garlisi

Nel 2013 Melampo Editore ha pubblicato I racconti di Nenè, una raccolta di racconti autobiografici in cui Andrea Camilleri si è sostituito ai suoi personaggi per ripercorrere la propria vita. Il fondatore della casa editrice, Calogero “Lillo” Garlisi, ricorda i momenti trascorsi al fianco del padre di Montalbano.

Com’è nato questo libro?

I racconti di Nenè nasce da una serie di interviste fatte per RaiNews in cui Andrea Camilleri parlava della sua vita per quadri. I curatori hanno proposto all’autore di realizzare una versione cartacea. Il risultato non è altro che una serie di racconti sulla sua vita (Nenè è il diminutivo di Andrea), lungo tutto un secolo, attraverso episodi significativi. Tra i più significativi c’è sicuramente l’incontro con Luigi Pirandello. Era un grande raccontatore di storie, anche quando parlava di sé, tanto da lasciarti sempre con il dubbio che, partendo da una base di verità, vi “ricamasse” sopra per renderla più interessante.

Ha conosciuto personalmente Camilleri?

Oggi, nel giorno della sua morte, centinaia di italiani millantano un’amicizia con questo straordinario autore. Io non voglio essere tra loro, dal momento che l’ho incontrato solo tre volte.

In queste occasioni, che impressione le ha fatto?

La prima volta che ci siamo visti, era perennemente con la sigaretta in mano. Quando ha saputo che sono un siciliano che vive a Milano da quarant’anni, mi ha chiesto in dialetto: “Ma lei di dov’è?”. Non appena gli ho detto che sono nato a Racalmuto, il paese di Sciascia, mi ha detto: “Ma uno che è nato a Racalmuto perché fa l’editore? Lei deve scrivere!“. Ne è nata una discussione molto bella sul perché ci sia una tale abbondanza di scrittori siciliani. Secondo Camilleri “è perché siamo poveri. Il giovane brillante siciliano milanese va in azienda, quello siciliano o emigra o trova un lavoro da poco. Quindi, avendo pochi soldi e molto tempo, fa la cosa più economica che c’è: penna e foglio di carta”.

A proposito di carta e penna, com’era il rapporto di Camilleri con la scrittura?

Era un uomo di grande autoironia. Diceva di non essere un artista ma un artigiano, un falegname. Una volta sono stato nella sua casa a Roma. Il suo appartamento era diviso in due, una zona dove viveva e una in cui scriveva. La mattina si alzava, si faceva la barba, si metteva la camicia e la giacca, salutava la moglie e andava in “ufficio”, dove rimaneva fino all’ora di pranzo. Come il falegname fa una finestra, lui faceva pagine. Scriveva e poi prendeva la lima: quando una pagina gli sembrava conclusa, passava a quella dopo.

Da siciliano, cosa pensa della lingua che Camilleri usa nelle sue opere?

Andrea Camilleri ha inventato un linguaggio nuovo. La lingua di Montalbano non è siciliano, è “camillerese“. Lo considero un esperimento positivo di reinvenzione di un idioma vivo, che si evolve. La sua lingua ricorda moltissimo il siciliano parlato di oggi, che ormai non è più dialetto puro perché c’è una commistione con l’italiano e con il linguaggio televisivo.