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Muore a 19 anni in un incidente, la mamma: "Mi sento abbandonata"

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Il figlio 19enne muore in un incidente stradale a San Pietro Vernotico (Brindisi), ma la mamma sembra delusa da come stiano procendo gli accertamenti

“Penso che se quella notte mi avessero ammazzato un cane avrei avuto certamente dalla mia parte animalisti e persone di buon senso, ed invece mi sento abbandonata” denuncia Alessandra D’Adamo in una lettera inviata ai pubblici ministeri che indagano sulla morte del figlio 19enne, avvenuta a seguito di un incidente stradale.

“Discrepanze e mancanze” nelle indagini

Nella notte tra il 22 ed il 23 marzo 2019 a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi una Fiat Grande Punto è finita improvvisamente contro un muretto per poi scontrarsi contro la Chevrolet che arrivava dal lato opposto. A perdere la vita Davide Cazzato, di ritorno da una festa di compleanno assieme a due amiche, Giulia e Sarah, entrambe decedute.

Sulle cause dello schianto sono ancora in corso gli accertamenti da parte delle autorità, ma la mamma di Davide lamenta il fatto che ci sarebbero alcuni verbali che fisserebbero il momento dell’incidente in orari diversi.

“Chi realmente è intervenuto per primo? Perché il conducente dell’altra auto non è stato sottoposto ad alcun test? Perché i conducenti oggi indagati continuano a guidare?” domanda Alessandra D’Adamo, nelle lettera aperta diffusa anche sui social. La donna sostiene che dalle indagini condotte finora sarebbero emerse “una serie di discrepanze e mancanze, che non possono essere accettate come errori”.

La diretta Facebook dopo l’incidente

La mamma di Davide lamenta poi il fatto che il ragazzo alla guida della Chevrolet “ha iniziato a filmare una diretta su Facebook, riprendendo mio figlio sull’asfalto, ormai privo di vita, con i carabinieri vicino e che in quel momento non hanno provveduto alla salvaguardia del corpo di mio figlio, oltraggiando i miei sentimenti e quelli dei miei famigliari, oltre che, più di tutto, mancando di rispetto alla dignità di mio figlio”.

Ecco perché la donna chiarisce: “Questa non è una lettera per smuovere compassione o pietà nei miei confronti o nei confronti di mio figlio e della mia famiglia, ma semplicemente è un modo per reclamare la giustizia, che meritano i ragazzi venuti a mancare quella notte maledetta”.