Nadia Toffa, conduttrice ed inviata de Le Iene, è morta a soli 40 anni per un cancro al cervello. Una notizia terribile che ha inevitabilmente sconvolto tutti coloro che hanno imparato ad amarla ed apprezzarla. La sua scomparsa, inoltre, ha anche accesso i riflettori su questa malattia e la fondazione Tempia di Biella ha deciso di scrivere una lettera aperta su questo argomento.
Nadia Toffa, lettera aperta della fondazione
“Quella contro il cancro non è una guerra. E i pazienti non sono vincitori o sconfitti, né necessariamente guerrieri o eroi: lo dice Viola Erdini, presidente della Fondazione Tempia, dopo giorni in cui i tumori sono tornati sulle pagine dei media e dei social network, non sempre con toni e parole appropriati. Succede spesso che, con la morte di un personaggio famoso, come nel caso di Nadia Toffa che non aveva fatto mistero della sua sua malattia, la retorica della società scelga una scorciatoia e faccia indossare alle persone che affrontano il tumore un’armatura. Per alcuni può essere utile, ma per altri può risultare fin troppo pesante, fino a diventare la propria prigione“.
Inizia così la lettera aperta pubblicata sul sito ufficiale della stessa fondazione che invita quindi a prestare attenzione al linguaggio utilizzato per raccontare tale malattia e come venga affrontato questo argomento. “Anche perché, la ‘battaglia’, come ci ricorda con durezza proprio la storia di Nadia Toffa, non ha un esito scontato. E per quanto l’atteggiamento e lo stato d’animo possano contribuire ad affrontare al meglio anche il percorso di cura, non determinano necessariamente la buona riuscita di una terapia”.
“La battaglia di cui parlare – ricorda Pietro Presti, direttore generale della Fondazione Tempia – è di tipo culturale, che passa dalla comunicazione, alla conoscenza, per arrivare alla consapevolezza degli individui e, quindi, della società rispetto a temi complessi come quello della malattia, della qualità di cura e di vita, dei fattori di rischio, della prevenzione e, non ultimo, quello del fine vita. Una battaglia che ha come armi la comunicazione, le campagne di sensibilizzazione, la promozione di stili di vita, insieme al diritto e al dovere ad una corretta informazione“.
Il diritto di essere malati
“La retorica ‘bellica’ – prosegue – è un retaggio che arriva dal passato, quando il cancro era un nemico oscuro, così pericoloso da aver perfino paura a nominarlo, e quante volte, ancora adesso, sentiamo parlare di ‘male incurabile’ o di ‘brutta malattia’. Perfino il Fondo Edo Tempia è nato scegliendo come slogan la lotta contro i tumori“.
Da allora, però, è stata percorsa molta strada e al giorno d’oggi si sa “che il tumore non è un ‘nemico’ che sta al di fuori di noi“, afferma il direttore generale dell’organizzazione, Pietro Presti. “Sappiamo che non si tratta di un tumore, ma di diversi tumori che possono insorgere per combinazioni di fattori interni ed esterni alla persona e, in talune condizioni, come predisposizioni e fattori di rischio. Pertanto, il vero avversario non è più il tumore, ma tutto quello che non si fa, o che si dovrebbe fare, di più e meglio per prevenire e curare i tumori“.
Per finire la fondazione invita a prendere sempre in considerazione chi deve fare i conti con questa malattia. In particolare il direttore Presti si riferisce “al diritto di essere malati, ovvero il diritto di vivere la propria esperienza di malattia liberi da pregiudizi altrui, senza sentirsi discriminati o emarginati, senza sentirsi addosso il peso di alcuna responsabilità di come si è scelto di affrontare emotivamente la propria malattia“.