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Agenti uccisi a Trieste, il padre di Pierluigi: "Onorava la divisa"

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Agenti uccisi a Trieste, il dolore della famiglia di Pierluigi Rotta: "Non possiamo perdonare"

Sono giorni difficili e pieni di dolore quelli che stanno vivendo i genitori e le famiglie dei due agenti uccisi durante la sparatoria avvenuta alla Questura di Trieste nel pomeriggio di venerdì. “Non possiamo perdonare quello che ha fatto” dicono i genitori di Pierluigi Rotta rispondendo all’appello lanciato dalla madre dell’assassino. Il loro dolore è troppo forte, continuano a chiedersi perché sia successo: “Non è possibile che mio figlio sia dovuto morire in una Questura – dice la madre -. Mi diceva sempre che quella era la sua seconda casa“.

Agenti uccisi a Trieste, lo strazio

Dolore e rabbia sono i sentimenti che in questi giorni stanno provando le famiglie, gli amici e le persone care dei due agenti morti a Trieste. In particolare, il padre di Pierluigi Rotta ha voluto ricordare il figlio come un uomo che “onorava la sua divisa, pieno di passioni“. “Siamo uomini dello Stato ma morire così è assurdo” ha detto Pasquale Rotta, padre di Pierluigi ed ex agente in pensione da qualche anno: stenta a credere che il figlio trentenne sia morto mentre faceva il suo dovere di poliziotto. “Siamo tutti sconvolti, abbiamo la morte nel cuore” ha raccontato una vicina di casa della famiglia che descrive l’agente Rotta come un ragazzo sensibile, disponibile, che aveva coronato il suo sogno di entrare in Polizia. “Tutto quello che succederà non ci restituirà Pierluigi“.

Il ricordo degli ex compagni

Pierluigi amava giovare a calcio e per anni aveva militato in una squadra di C2 prima di doversi ritirare a causa di un infortunio. Ieri, prima della gara, gli ex compagni hanno voluto osservare un minuto di silenzio in onore dell’agente e hanno deciso di giocare la partita indossando una maglietta con la foto di Pierluigi. “Era un ragazzo perbene, ineccepibile in campo e fuori” lo ha ricordato il Presidente della squadra. “Era sempre puntuale agli allenamenti, sorridente e legato ai compagni. Ogni tanto tornava a Pozzuoli per una rimpatriata con gli amici“.