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Giovanni Brusca chiede i domiciliari, la Cassazione boccia il ricorso

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La Corte di Cassazione si è espressa sulla richiesta presentata dai legali di Giovanni Brusca: il killer di Capaci resta in carcere

Giovanni Brusca ha chiesto nuovamente di poter terminare la propria pena agli arresti domiciliari e, questa volta, ha ottenuto il parere favorevole della Procura Nazionale Antimafia. Mentre la Procura generale della Cassazione ribadisce il no, secondo l’Antimafia il killer della strage di Capaci “si è ravveduto“. La prima sezione penale della Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso.

Giovanni Brusca, la richiesta dei domiciliari

Giovanni Brusca, responsabile della strage di Capaci e mandante del sequestro e omicidio del figlio di Santo Di Matteo, ha trascorso 23 anni dietro le sbarre al carcere di Rebibbia. Gli avvocati del boss, Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti, hanno presentato ricorso dopo il rifiuto dello scorso marzo. Il sì, questa volta, è arrivato dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, sulla base del “contributo offerto da Brusca nel corso degli anni”. L’aiuto fornito dal killer di Capaci è stato “attentamente vagliato e ripetutamente ritenuto attendibile da diversi organi giurisdizionali, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva del collaboratore, sia sotto il profilo dell’attendibilità oggettiva delle singole dichiarazioni”. La corte di Cassazione si è dunque riunita, e tarda sera ha pronunciato il verdetto: Giovanni Brusca resta in carcere.

Le parole della sorella di Falcone

“Un personaggio ambiguo“: così Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci, ha descritto Brusca dopo la notizia della richiesta da parte dei legali del boss. “Non merita altri benefici. Ricordo ancora che proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti. Oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso, ha usufruito di 80 permessi“. Tra i delitti per cui è stato condannato, Maria ha ricordato “quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni”.

“Con la sua decisione – ha detto ancora Maria Falcone dopo il rifiuto del ricorso – la Cassazione ha dato una risposta alla richiesta di giustizia di tanti cittadini che continuano a vedere nella mafia uno dei peggiori nemici del Paese”.