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Divieto di Burqa nei luoghi pubblici: la sentenza a favore della Lombardia

divieto di burqua nei luoghi pubblici

Via libera alla Regione Lombardia, sì al divieto di burqa nei luoghi pubblici: "Necessario identificare chi accede a questi spazi".

Importante sentenza della Corte d’Appello che dà ragione alla delibera 2015 della Regione Lombardia in merito all’imposizione del divieto di burqa o niqab nei luoghi pubblici per motivi di sicurezza, i giudici di secondo grado ritengono infatti che il contenuto della delibera sia del tutto ragionevole e giustificato.

Divieto di burqa nei luoghi pubblici

A fare ricorso erano state numerosissime associazioni subito dopo l’approvazione della delibera. Tra queste quella degli studi Giuridici sull’Immigrazione, gli Avvocati per Niente Onlus, l’Associazione Volontaria di Assistenza sociosanitaria e per i diritti dei cittadini stranieri, Rom e sinti e la Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo Onlus.

La Corte ha confermato quanto già espresso dalla sentenza del Tribunale di Milano il 20 aprile 2017: “Il divieto di ingresso a volto coperto posto nella delibera appare giustificato e ragionevole alla luce della esigenza di identificare coloro che accedono nelle strutture indicate, poiché si tratta di luoghi pubblici, con elevato numero di persone che quotidianamente vi accedono per usufruire di servizi; pertanto è del tutto ragionevole e giustificato consentire la possibilità di identificare i predetti fruitori dei servizi“.

Soddisfazione dal palazzo della Regione Lombardia: “È alquanto strano che associazioni per i diritti degli indifesi si battano per il riconoscimento del burqa, pratica alquanto discriminatoria verso le donne, considerate di proprietà esclusiva dai loro compagni musulmani al punto che nessun altro le può guardare – ha commentato l’assessore lombardo alla Sicurezza, Riccardo De Corato -. La sentenza non lascia altre interpretazioni per le associazioni: la Corte condivide integralmente la motivazione del giudice di primo grado, ma questo sicuramente non basterà loro ed è scontato che si appelleranno in Cassazione“.