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Aspiranti allievi agenti in manifestazione: "Vogliamo risposte concrete"

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Dopo il respingimento degli emendamenti alla manovra, i 455 aspiranti allievi agenti scendono in piazza per una manifestazione pacifica.

Hanno aspettato mesi, chiedendo al mondo politico di non infrangere il loro sogno di entrare a far parte del corpo di Polizia. Ora, davanti all’ennesimo rifiuto, chiedono “risposte concrete“. I 455 aspiranti allievi agenti esclusi dal concorso del 2017, a causa dell’emendamento presentato dalla Lega al dl Semplificazione nel gennaio 2019, ora scendono in piazza per una manifestazione pacifica in Piazza dell’Esquilino, a Roma.

Aspiranti allievi agenti in manifestazione

La protesta nasce in risposta al respingimento degli emendamenti presentati alla manovra, approvata in Senato nella serata di lunedì 16 dicembre. Tali emendamenti – sottolineano gli aspiranti allievi agenti sulla pagina Facebook dell’evento – sono stati presentati anche da forze politiche che compongono l’attuale maggioranza giallorossa “con l’intento di trovare una soluzione a questa vicenda”, cosa che al momento non si è ancora verificata nonostante l’impegno formale del governo (durante la discussione dell’atto numero 119 sulla revisione dei ruoli delle forze di polizia) a risolvere la situazione nel miglior modo possibile.

“Quello che chiediamo scendendo in piazza è una risposta concreta e un impegno reale e leale“, che rispetti i sogni e le necessità di 455 giovani idonei. Alla manifestazione di Roma (prevista per mercoledì 18 dicembre) sono stati invitati i rappresentanti di tutte le sigle sindacali della Polizia di Stato, così come gli esponenti politici che si sono spesi maggiormente per il futuro degli aspiranti poliziotti esclusi.

L’esclusione dal concorso

Continua così la battaglia di centinaia di giovani che si sentono traditi dal mondo politico e, in modo particolare, dal ministro che più di ogni altro avrebbe dovuto proteggerli. A presentare quell’emendamento, nei mesi del primo governo Conte, è stato infatti il partito dell’allora numero uno del Viminale Matteo Salvini. Sono state così modificate, in corso d’opera, le norme che regolano l’unico concorso indetto negli ultimi 21 anni, escludendo automaticamente 455 concorrenti di età superiore ai 26 anni e non in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado. A nulla è servito il ricorso – vinto – al Tar del Lazio e la conseguente ammissione alle prove finali, così come l’appello a Conte e Salvini.