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Iran-Usa, l'imam Alì Faeznia spiega la guerra: cosa rischia l'Italia?

Imam Alì Faeznia, reportage sul conflitto militare iraniano

L'omicidio di Soleimani, la guerra Iran-Usa e i rischi per l'Italia: l'intervista all'Imam Alì Faeznia di Milano.

L’Iran non colpirà il popolo americano, ma i responsabili. Il sangue del martire sarà vendicato” è iniziata così la nostra intervista con l’Imam Alì Faeznia, presidente del centro culturale iraniano di Milano, poche ore prima del bombardamento alla base militare di Erbil. L’omicidio del generale Qassem Souleimani a Bagdad dopo le esplosioni e il raid aereo statunitense in Iraq ha provocato inevitabilmente l’inizio di un nuovo conflitto. Lo scontro al momento coinvolge solo Usa e Iran, ma ben presto potrebbe interessare anche altri paesi. L’Europa è divisa sulla questione: c’è chi ancora coltiva interessi economici a Teheran e chi invece, siede dalla parte di Washington.

Guerra Iran-Usa: il reportage

Per comprendere a pieno le strategie militari dell’Iran e il ruolo che (secondo gli iraniani) avrà il nostro paese all’interno del conflitto, abbiamo vissuto una giornata insieme a parte della comunità persiana presente in Lombardia. Il nostro reportage inizia in via Valsoda a Milano, nel centro culturale iraniano Imam Alì. Togliamo le scarpe ed entriamo in moschea. Il colloquio con Shaykh Ali Faeznia è preceduto da una preghiera. “In nome di Dio clemente e misericordioso, ringraziando del tempo donatoci, parliamo insieme a questi amici di un’importante avvenimento”. Una volta pronunciate queste parole la nostra intervista può iniziare.

Centro culturale iraniano di Milano

La morte di Qassem Soleimani

Ciò che abbiamo compreso sin da subito è che il generale Qassem Soleimani, per gli iraniani, non è stato solo un alto grado militare. Soleimani era nel cuore del suo popolo, era il generale che aveva messo fine ai soprusi di Daesh e di Al Qaeda. “Per noi e per tutti coloro che conoscevano il generale Soleimani è un avvenimento molto amaro” -racconta Alì Faeznia- “Da parte mia faccio le condoglianze a tutti gli iraniani e tutti gli esseri umani della terra. È stata un’emozione che ha fatto ribollire il sangue a 80 milioni di iraniani. (Souleimani ndr) Era molto ben voluto tra la gente, era nei cuori della gente. Soltanto a Teheran alla sua commemorazione hanno partecipato 7 milioni di persone. Per la foga di seppellirlo a Kerman, 35 persone sono morte nella calca e questo è segno di massimo valore per la gente, simbolo di devozione al generale Soleimani”.

Mentre razionalizziamo queste parole, realizziamo che qui, in Italia, la morte di più di trenta persone durante un funerale di Stato sarebbe divenuta una bolla mediatica: ci sarebbe stata subito la corsa ai colpevoli sulla logistica, la sicurezza, l’organizzazione, i media avrebbero cercato le storie e la verità su quelle persone scomparse così atrocemente. Per l’Iran invece, è simbolo di devozione.

Centro culturale iraniano di Milano, backstage

Italia e Iran a confronto

Una differenza culturale impressionante, fatta di punti di vista quasi agli antipodi, che ci spinge a domandare (da italiani) cosa ci sarà in serbo per il nostro paese nei piani iraniani. L’imam ci risponde così “Normalmente l’Italia è un paese indipendente. Da quello che ho capito e da quando sono qui, ogni decisione viene prese su una base logica”. L’Italia ha fatto uscire le sue milizie militari dall’Iraq” -prosegue Alì Faeznia, che poi precisa- “Questo è il simbolo che forse l’Italia non vuole più collaborare con i terroristi (si riferisce a Usa ndr.). Il governo italiano ha sempre collaborato con l’Iran, e il nostro rapporto con l’Italia è sempre stato amichevole. La nostra richiesta, non solo dall’Italia, ma da tutti i paesi del mondo, è di reciproco rispetto, di mantenere e rispettare le leggi internazionali che regolano tutte queste faccende”.

La strategia iraniana

Secondo quanto appreso da questa testimonianza, l’Iran e il suo popolo sono ricercatori di pace, una repubblica islamica che solo di fronte all’offesa risponde in maniera reazionaria: all’azione di Donald Trump corrisponderà un contrattacco “Di fronte a ciò che è accaduto, l’Iran, con fermezza darà una risposta. Verrà rivendicato sicuramente il sangue del generale Soleimani”.

La notizia è che al “Parlamento iraniano è stato dichiarato che il Pentagono è considerato il centro dei terroristi. Perciò la sicurezza delle forze americane che si trovano in Medio Oriente ormai è sotto la loro responsabilità”. Sostanzialmente, l’obiettivo è stato designato: i militari statunitensi in Iraq saranno il target da eliminare.

Trump e la Terza Guerra Mondiale

Alì Faeznia, poi, ci pone un quesito, che ad oggi lascia un interrogativo orfano di una risposta esauriente: “Ditemi voi quante migliaia di kilometri sono distanti gli Stati Uniti dall’Iran e dalle zone del Medio Oriente. Cosa fa in questa area? Perché ha fatto più di trenta basi militari in Medio Oriente? E perché le Nazioni Unite e i popoli non gli chiedono cosa vogliono da queste zone. Io non penso che per questa faccenda scatenerà la Terza Guerra Mondiale. Naturalmente in diversi momenti l’Iran risponderà. Naturalmente non vendicheremo la morte di Soleimani neanche uccidendo lo stesso Donald Trump. Cosa vogliamo ottenere? Le basi americane dovranno essere ripulite”.

Centro culturale iraniano di Milano, Soleimani

La nostra intervista prosegue sulla figura del Tycoon e sulle interpretazioni che si possono prestare a decriptare la strategia militare statunitense. Gli iraniani hanno le idee molto chiare a riguardo e confidano che per gli Usa questa sarà una nuova guerra del Vietnam. Su Trump Alì Faeznia riferisce “Non è un politicante, è un commerciante. Sta soltanto minacciando non ha equilibrio psicologico. Per esempio, dice che deve bombardare le basi culturali iraniane: se avesse detto che doveva bombardare le basi militari iraniane, logicamente ci potevamo credere. Trump è diventato presidente proclamando la guerra contro Daesh, contro il terrorismo, così è diventato presidente ma come i suoi predecessori, Obama e Bush, anche lui è un difensore dei terroristi. Mi avete chiesto cosa penso di Trump: vi dico che è il più grande terrorista del mondo, è uno che difende il terrorismo. L’Iran dal punto di vista militare è molto forte. Forse un tempo l’Iran dal punto di vista militare era debole, però ora è potentissimo e il popolo iraniano non è un popolo che teme”.

“Quello che non sapete sull’Iran”

“Una delle difficoltà dei politicanti dei paesi occidentali, e di figure come Trump” -ci confessa l’Imam- “È che non conoscono il popolo iraniano. Dopo la rivoluzione in Iran è stata concepita la parola “martirio”, tutto il popolo è disponibile a sacrificarsi per le proprie frontiere e per la propria nazione, e nessuno ha paura di morire“. Questa primordiale dichiarazione di guerra non è solo rivolta all’occidente a stelle e strisce ma prende in considerazione anche altri paesi presenti in Medio Oriente: “Noi (iraniani ndr.) ora siamo testimoni di ciò che accade, altri paesi mediorientali hanno inviato emissari in America per evitare la guerra. Parliamo di Qatar, Quwait, Bahrein e altri piccoli paesi intorno all’Iran che non si possono paragonare militarmente a noi”.

Terminiamo questo reportage con una considerazione. L’alba di questo nuovo anno ci aveva regalato una classifica, redatta direttamente dalle pagine del Times, sulle venti personalità che avrebbero cambiato in modo indelebile il mondo nel 2020. Al ventesimo posto risiedeva colui che era considerato l’uomo più potente del Medio Oriente, il generale Souleimani. Il paradosso è che il suo sangue, “il sangue di un martire” come ci ha testimoniato Alì Faeznia, avrà più valore adesso che è morto, molto più di quando era in vita.